Intervista con Laura Garavaglia
1. Da dov’è nata la sua passione per la poesia legata alla scienza? Due concetti che molti di solito considerano opposti.
2. La scienza e la poesia sembrano due ambiti lontani, indifferenti l’una all’altra. In realtà hanno un certo numero di cose in comune. Entrambe, prima di tutto, cercano di dare risposte alle domande fondamentali della nostra esistenza: capire come sono fatti il mondo in cui viviamo, la natura, l’universo, da dove veniamo e verso dove siamo destinati ad andare. Le unisce un autentico desiderio di conoscenza. E cos’altro è la conoscenza se non nutrimento dello spirito? Abbiamo bisogno del cibo per nutrire il corpo. Ma allo stesso tempo, per la vera ragione che sta dentro alle nostre azioni più belle, per dare un senso alla nostra vita, sentiamo la necessità di nutrire il cuore e la mente con l’arte, la letteratura, la scienza. Già uno scrittore della statura di Primo Levi, che era anche chimico, aveva rilevato come sia innaturale la frattura tra letteratura e scienza: non la conoscevano i grandi geni del passato: Empedocle, Dante, Leonardo, Galileo, Cartesio, Goethe né l’ha conosciuta Einstein. La creatività, che è intuizione e immaginazione, è un altro degli aspetti che accomuna scienziati, matematici, fisici e poeti. Giorgio Parisi, fisico teorico del Dipartimento di Fisica della Sapienza di Roma ha scritto «Molto spesso lo scienziato prima ha l’intuizione di quello che vuole dimostrare e poi lo dimostra». Come non pensare alla creatività dei fisici, matematici e astronomi nell’immaginare tutti gli universi possibili, derivanti dalle complesse equazioni di Einstein, fino ad arrivare alla teoria del multiverso, un universo che contiene tutti gli universi possibili. Allo stesso modo il poeta intuisce ciò che, attraverso la parola vuole mostrare. Una suggestione, un ricordo o un’improvvisa illuminazione possono rimanere latenti per un tempo più o meno lungo per poi essere avvertiti come una domanda, una provocazione dell’esistenza che deve essere chiarita fino in fondo per via poetica, come ha evidenziato Vittorio Sereni, uno dei maggior poeti del secondo 900. Andrea Zanzotto, altra voce autorevole della poesia italiana, ha scritto: “La creatività della scienza, quantunque abbia a che fare quotidianamente con la durezza e la concretezza della realtà, se non può fare perno esclusivamente sulla fantasia, se ne giova tuttavia anch’essa e sovente ha qualcosa di simile alla poesia”; e cita l’esempio della mela di Isaac Newton “nella sua paradossalità e forse irrealtà, sintetizza questo elemento: l’enorme fantasia di Newton che poteva saltare in un lampo tutte le connessioni che ci sono tra la mela che cade e la gravità”. La stessa fervida immaginazione, che sconfina nella genialità, era talento naturale, ad esempio, di un altro grande rappresentante delle cosiddette “scienze dure”, il matematico indiano Srinivasa Ramanujan. Leonardo Sinisgalli, poeta ingegnere e matematico che ha esplorato ampiamente il rapporto tra poesia, arte scienza e tecnologia ha sintetizzato in un distico illuminante il legame tra cultura scientifica e letteraria: “Non vi pare che nei cristalli/la natura si esprima in versi?”.Intelligenza del cuore e della mente: per tenerla viva è necessario nutrirla.
2. Come vede il panorama della poesia contemporanea in Italia ¿
In Italia ci sono moltissime persone che scrivono poesie. Pochi però sono i lettori di poesia. Non si può pensare di scrivere versi senza abitare in modo costante il linguaggio della poesia. Oggi crdo che in Italia non ci siano più poeti di riferimento, veri maestri, che possano aiutare in particolare i giovani poeti a fare della poesia un’attività della propria vita. Non ci sono , per citarne alcuni, personaggi come Mario Luzi, Vittorio Sereni, Giovanni Raboni…
3. Che consiglio darebbe ai giovani che vogliono avvicinarsi alla scrittura?
Quello di leggere, leggere e ancora leggere sia poesia che prosa, poeti e narratori italiani e stranieri, se possibile. Non si può pensare di scrivere ed essere letti senza acquisire una tecnica della scrittura e, naturalmente, avere qualcosa di veramente nuovo e interessante da dire.
4. Come direttrice del rinomato Festival internazionale di poesia “Europa in versi”
Qual è la sua opinione sulle attività che i festival stanno sviluppando nel mondo?
Penso che i festival di poesia e di letteratura in generale siano delle ottime occasioni di avvicinare il pubblico alla lettura, in particolare alla lettura di poesie e in particolare di conoscere la poesia di altri Paesi. Per questo abbiamo intitolato la 9° edizione del festival Europa in versi che si terrà ad aprile “La poesia e l’altro”: l’incontro con culture diverse dalla nostre, per scoprire che in fondo emozioni, sentimenti, ciò che veramente conta nella vita, sono gli stessi per tutti gli esseri umani. Inoltre sono occasioni per i poeti di conoscersi, arricchirsi reciprocamente. Inoltre ci sono oggi delle positive contaminazioni tra le arti che possono avvalorarne reciprocamente i linguaggi: poesia e pittura, poesia e fotografia, poesia e musica, poessia e cinema e anche tra i diversi ambiti della cultura, come appunto poesia e scienza…in un festival queste contaminazioni sono
5. Ci parli ora dell’importanza del traduttore letterario e della sua responsabilità nel XXI secolo.
Tradurre poesia credo sia una delle attività più difficili da svolgere. A mio parere è necessario confrontarsi con l’autore, concoscerne il retroterra culturale, le sue esperienze di vita e poi ceracre di rendere al meglio ciò che ha voluto comunare al lettore con i suoi versi. Certo, tradurre è comunque cambiare in parte il significato della poesia, perché una buona traduzione è filtrata dalla sensibilità di chi traduce che è diversa da chi scrive. Poi c’è la questione della lingua: è impossibile rendere in una lingua diversa da quella originale in cui è stata scritta una poesia la stessa magia del suono delle parole nei versi, il ritmo che accarezza la vista e l’udito del lettore o di chi ascolta recitare. In un cerso senso quindi chi traduce scrive una nuova poesia. La poesia, nel XXI secolo come in passato, è linguaggio universale dell’uomo: anche agli albori della civiltà, l’uomo per propiziarsi gli dei si rivolgeva loro con formule magiche, versi. E penso ai poemi epici che hanno tramandato la storia e la cultura di tante antiche civiltà fino ad oggi. La poesia da sempre getta ponti tra i popoli, senza differenze di etnia, genere, religione, cultura. Oggi più che mai, in un mondo globaizzato, dove assistiamo a un vero e propro esodo di popolazioni da un continente all’altro, la poesia può avere un ruolo fondamentale nel capire che l’altro da sé arricchisce la nostra vita.