Un’antica villa, le pareti verde muschio, qualche crepa qua e là. Il giardino ampio, ombreggiato da alberi secolari, le aiuole con l’erba alta, da tagliare. Il cancello aperto, un invito ad entrare, curiosare, immaginare fasti d’altri tempi. Visse qui, nella seconda metà del ‘700 lo scultore e stuccatore Stefano Salterio, illustre rappresentante dei Magisteri Cumacini. Tratto da L’ORDINE del 01/08/2009
All’ultimo piano ,in un grande appartamento, abita oggi Vito Trombetta, nato a Torno, poeta dialettale, il poeta “laghéé”,uno dei fondatori del gruppo “Acaria” di Como, che riunisce i seguaci della Musa Calliope. Ha scritto durante la sua vita centinaia di poesie, prima in italiano, poi dialetto comasco e alcune in veneto, queste ultime ispirate e dedicate al poeta dialettale nativo di Grado, Biagio Marin , raccolte nel libro “Paress Marin” ed edite da LietoColle.Ha composto poemi, di cui uno, Nauta, alterna il latino alle parole del nostro dialetto, raccolte pubblicate da editori importanti, come Einaudi e Garzanti o di pregio, come Pulcinoelefante. Alcune di queste poesie sono presenti in una interessante “Antologia del Gruppo Artistico Tornasco”, dove compaiono poeti e pittori nativi di Torno o che in questo paese hanno realizzato loro opere. Siamo a Laglio, una delle tante perle che formano una lunga, preziosa collana di pittoreschi paesi che si snoda lungo le rive del nostro lago. A pochi metri di distanza, dall’altra parte della strada, turisti che si fanno fotografare davanti al cancello serrato della villa del divo americano George Clooney. Il poeta e l’attore. Bizzarra coincidenza, singolare vicinanza di due personaggi così diversi tra loro, eppure, in ambiti tanto lontani, dotati di talento straordinari, un talento che , per strade diverse , ha trovato ispirazione sul nostro lago. Vito Trombetta ha sessantacinque anni, è un signore dai modi gentili, cordiali, che lasciano trasparire un’ombra di timidezza. E’ quasi umile, a tratti, di quell’umiltà da cui trapelano straordinaria ricchezza interiore fantasia non comune, la modestia di chi , per essere, non ha bisogno di apparire. Parla del suo lago e della poesia, per lui realtà e attività inscindibili, parte della vita . “ La poesia ti sceglie, ci pensa lei , poi, ad arrivare con le parole e il tema che vuole” ribadisce spesso Trombetta. “La grande poesia è superiore all’esistenza stessa del poeta che è comunque destinato a morire”.Compone versi da quando era bambino e viveva a Torno, sull’altra sponda del lago, che ha lasciato per amore di sua moglie, conosciuta ad una festa di Capodanno di tanti anni fa. Suo padre, evidentemente poco sensibile alla vena poetica del figlio, con una punta di sarcasmo ricordava spesso a sua madre che, per linea genetica,nel piccolo Vito era presente “el ramett”, riferendosi ad un cugino della moglie il quale, durante il fascismo, declamava nella piazze dei paesi del lago poesie da lui composte contro il regime, finendo regolarmente in manicomio per alcuni giorni, dato che si fingeva pazzo. Il lago già affascinava il piccolo Vito, ma nel contempo lo intimoriva. Non sapeva nuotare e non ha mai imparato, perché vittima di un brutto scherzo da parte dei suoi compagni di gioco. Un giorno,quando era ragazzino e cercava di prendere confidenza con l’acqua mentre erano sulla spiaggia adiacente al Ristorante Villa Fora, lo gettarono dove non riusciva a toccare il fondo e rischiòdi annegare. Della poesia in dialetto s’innamoròa militare, leggendo Carlo Porta e “Poesie a Casarsa” di Pier Paolo Pasolini. Il suono, la musicalità delle parole, più dei contenuti, lo affascinavano. E dal quel momento la sua formazione , le sue letture si sono concentrate soprattutto sui poeti dialettali, Franco Loi, Tonino Guerra, Piero Collina. “Ero militare a Silandro, in Val Venosta. Prima di andare a dormire, di sera, guardavo le luci dei paesi che formavano una lunga fila ai piedi delle montagne. La valle era invece completamente al buio e io immaginavo che in quell’oscurità si adagiasse il mio lago, con le sue placide acque. Era troppo intensa la nostalgia di essergli lontano”. E le acque del Lario sono , per la straordinaria sensibilità di questo poeta, fonte di ispirazione continua , linfa vitale dell’io lirico. Fino ad avvertire, come in un incantesimo da fiaba,o in una sorta di trance creativo, presenze che provengono dalle zone più profonde del lago, avvolte dal fascino del mistero. “Spesso, quando d’estate andavo a “fa un pucc”sulla piccola spiaggia adiacente a Villa Oleandra , sentivo dei rumori provenire dall’acqua, ma non vedevo nulla. Poi è successo, sempre più spesso, durante la notte. Nel primo sonno avvertivo dei colpi alla porta del mio appartamento, come in un sogno andavo ad aprire e non c’era nessuno….Spaventato, tornavo a letto , con l’abat -jour acceso e mi riaddormentavo senza più sentirli.” Per anni queste presenze, questi elfi del lago, si sono manifestati al poeta. Poi, complice un libro sulla storia di Como del Prof. Giorgio Luraschi, si sono rivelate divinità risalenti all’epoca romana chiamate “acquatiles” , come testimoniava anche una lapide a Carate Urio. “Svelato il mistero, ho ribattezzato acqualites questi spiriti così particolari, invertendo le due consonanti, perché la “t” mi sembrava una diga che poteva arginare il naturale fluire dell’acqua, legata in modo indissolubile alla loro esistenza”.Sono più di centocinquanta le poesie che Trombetta ha dedicato a questi ineffabili esseri che sembra abitino il nostro lago. E sempre al Lario sono dedicati il poema “Und”e il poemetto sopra citato, “Nauta”. Nel primo, ogni poesia è intitolata ad un onda, personificata – Prim’unda, Unda segunda, Terz’unda, ecc.- e alla varietà di colori, alla molteplicità di forme con le quali si manifesta l’acqua, rimanendo tuttavia sempre uguale a se stessa. Ogni verso, all’inizio, riprende la fine del verso precedente , riproducendo lo sciabordare, il flusso ed il riflusso delle onde sulla rive lacustri, quel ritmo cadenzato che si fa melodia ed accarezza, culla i nostri pensieri e i nostri sogni quando possiamo fermarci ad ascoltarlo. “D’un acqua baüsciuna mi sun fada/mi sun fada cunt ul cantà de’l suu/cunt ul cantà del suu ul giööch de’l nà e vegní/ul giööch del nà e vegní fra sabia e sass/fra sabia e sass l’umbra de’l mai truass/l’umbra del mai truass dùe l’amuur se impara/dùe l’amuur se impara e già lüsiss la vita/e già lüsiss la vita stralüsc de verità” (Di un’acqua vanitosa io son fatta/io son fatta con il cantare del sole/con il cantare del sole il gioco del va e vieni/il gioco del va e vieni tra sabbia e sassi/l’ombra del mai trovarsi/ l’ombra del mai trovarsi dove l’amore si impara/dove l’amor si impara e già riluce la vita/ e già riluce la vita lampi di verità. Da “Unda” , Nuovi Poeti Italiani a cura di Franco Loi, Einaudi, 2004). Dal poemetto Nauta, composto in versi che alternano parole in dialetto e termini in latino, è stata composta un’opera per violoncello, soprano e voce recitante dal musicista Guido Boselli, docente al Conservatorio di Como, più volte rappresentata sul nostro territorio. E Vito Trombetta, che non conosceva il latino, ha scritto questi versi imparando l’antica lingua da autodidatta, trascrivendo termini che riguardavano il lago,il navigare, quel senso di mistero che la profondità delle sue acque hanno da sempre suscitato nell’animo di chi è nato, ha vissuto e vive sul lago. “Dalla vetrata del salotto della mia casa, guardavo il lago. Ed immaginavo i nautae, i naviganti, i nocchieri che per secoli conducevano, nella buone e nella cattiva sorte, le loro imbarcazioni sul lago ed oggi conducono i battelli. Immaginavo che un nauta, interpretando il desiderio di tutti i laghéé, pregasse Dio di prosciugare il lago, per scoprire che cosa giace sul fondo”. In ognuno dei 22 canti che compongono il poemetto i versi diminuiscono, metafora del lento prosciugarsi del lago. Dio, esaudendo lo stolto desiderio del nauta, la sua sciocca curiosità lo privòdella ragione stessa della sua esistenza, il lago, tanto che l’ultimo verso del poemetto recita “Nauta sum mutato nomine senz’acqua” (Sono un navigante e senz’acqua ho cambiato anche il nome). E se davvero il nostro lago scomparisse per un assurdo scherzo della natura, probabilmente, oltre ai nautae perderebbero una fonte di ispirazione inesauribile tanti, poeti, scrittori ed artisti che vivono in territorio lariano.