Tra poco più di un mese inizieranno gli esami di maturità. Immagino gli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori pensare all’argomento della famosa “tesina” da portare all’orale, una sorta di salvagente a cui aggrapparsi nel caso non si riesca a nuotare nel mare di domande che i docenti della commissione porranno loro. Sui quotidiani si daranno, in prossimità degli scritti, consigli e suggerimenti sulle diete da seguire per non appesantire né indebolire il fisico dei maturandi: frutta, verdura in abbondanza, pesce, carne, carboidrati e zuccheri in giusta quantità. Tratto da L’ORDINE del 17/05/2011.
Le mamme italiane cercheranno di fare il possibile per seguire questi buoni consigli e cercare rendere meno pesante lo studio “matto e disperatissimo” (si fa per dire) dei loro figli. Ricordo un mio collega di scuola che sosteneva che i suoi studenti non rendevano agli esami perché avevano i neuroni neutralizzati da hamburger, hot dog e patatine. L’uso degli alcolici tra i giovani non era ancora così diffuso, una ventina di anni fa, come purtroppo è oggi e il collega, dichiaratamente salutista, incolpava gli alimenti tipici dei fast food dell’abbassamento del livello culturale degli studenti e soprattutto della loro scarsa resa durante gli esami. Teoria che a me, francamente, è sempre sembrata quantomeno bizzarra, ma che in fondo rispecchiava pienamente il detto “mens sana in corpore sano”. Nell’immaginario collettivo gli esami di maturità rappresentano un sorta di rito iniziatico che segna l’abbandono dell’adolescenza e l’ingresso nel mondo degli adulti. Credo che pochi fra noi non abbiamo sognato almeno una volta nella loro vita questa prova dopo averla sostenuta. A me succede, è il classico incubo ricorrente. Rivedo la mia professoressa di italiano e latino, Enrica Cantù, storica insegnante del Liceo Classico Zucchi di Monza, alta e imponente, nubile e severissima, innamorata del Carducci, mentre strizza gli occhi e con una smorfia di disprezzo sibila “ignorante”, ripetendo più volte l’epiteto perché entri bene nelle mie orecchie di studentessa della V F. Nel sogno mi dice che devo sostenere l’esame di maturità e io cerco di spiegarle che la maturità io l’ho sostenuta da un pezzo, che mi sono laureata e ho anche superato i concorsi a cattedra, ho insegnato, mi sono dedicata al giornalismo, che mi piace scrivere, perché mai dovrei ripetere l’esame? E cerco nel frattempo tra le mie carte disperatamente il mio diploma senza trovarlo. Niente da fare, l’implacabile e glaciale Enrica mi mette sotto il naso un foglio con una serie infinita di domande alle quali dovrei rispondere in poco più di un’ora. Prendo il foglio e leggo con terrore che sono per la maggior parte quesiti di matematica, con la quale ho sempre avuto un rapporto di cordiale antipatia, salvo pentirmene in età matura cercando di recuperare il recuperabile. A questo punto il sogno si interrompe (per fortuna), perché angosciata mi sveglio e mi rendo conto che, tutto sommato, a volte il sogno è molto peggio della realtà. Ma i miei incontri ravvicinati con l’esame di Stato non si sono limitati a quello che ormai (ahimé) tanti anni fa ho dovuto sostenere e agli incubi ricorrenti; sono stati anche di altro genere, senza dubbio più divertenti. Quando insegnavo mi è capitato, qualche volta, di far parte di qualche commissione e di dover interrogare i maturandi. A volte le risposte degli studenti erano degne di un divertente libro uscito anni fa, “E io speriamo che me la cavo” di Marcello D’Orta e sembravano riprodurre nella realtà gli ironici, amari bozzetti di cronache di ordinaria vita scolastica ritratti magistralmente da Domenico Starnone in una rubrica sul Corriere della Sera. Così, durante i colloqui orali, ho scoperto che gli altiforni per la produzione di acciaio invece di essere rivestiti di materiale refrattario sono “imbottiti di frattaglie”, mentre l’Italia puòaddirittura estendere i propri confini fino alla lontana Australia (in fondo, per l’ineffabile candidato, tra Austria e Australia non esiste molta differenza, le prime tre lettere sono uguali, cosa saranno mai alcune migliaia di chilometri di distanza!), che il nostro pianeta è “soggetto a meteorismo”. Il candidato intendeva con questo termine descrivere il fenomeno della caduta di un meteorite sulla terra e in tal modo ha dato dimostrazione di avere, più che una buona preparazione in geografia astronomica, senso umoristico, che non guasta mai, e qualche nozione di medicina. Che dire poi dello studente che, per non “sforare” dai quindici minuti concessi a ciascuno per esporre la propria “tesina”, carica la sveglia del cellulare e mentre ancora è tutto concentrato ad esporre il suo lavoro sente il trillo fatidico, e per dimostrare il disappunto alzando gli occhi al cielo dà prova di conoscere perfettamente il vocabolario del turpiloquio, lasciando basiti tutti i membri della commissione. O del maturando tifoso di calcio al punto da poter esser definito un “ultrà” che ha chiesto agli amici della curva di assistere all’orale e di tifare per lui ad ogni risposta. Barzellette? No, cronache di “stra-ordinario” esame di maturità. Tuttavia non sono solo gli studenti a rimediare figuracce (in fondo sono ancora così giovani, certe gaffe si possono loro perdonare). A volte anche i professori danno prova, durante l’esame, di essere meno maturi dei loro studenti. Qualche anno fa durante la prova orale di una mia giovane conoscente, una delle sue insegnanti ha litigato con il presidente della commissione d’esame, con il quale non si trovava assolutamente d’accordo su come condurre il colloquio. La professoressa, visibilmente alterata, ha abbandonato in lacrime il suo posto mentre il presidente, nell’imbarazzo generale e in un’atmosfera surreale, invitava la candidata a restare tranquilla. “Professore, io sono tranquilla” ha risposto la ragazza “Credo che a calmarvi dobbiate essere voi!”. è proprio vero: maturità è un concetto, una parola astratta e dunque mai totalmente definibile.