Una mia nota di lettura all nuovo libro di poesie del poeta, scrittore e critico letterario Dante Maffia. Buona lettura!
Non sono un critico letterario. Leggo poesia percorrendo l’impervio sentiero che dall’emozione mi porta alla ragione, dal cuore alla mente. È così che ho letto “Singhiozzi di carta”, emblematico titolo di quest’ultima raccolta di poesie di Dante Maffia. Il cui percorso culturale e umano, data la ricchezza e la vastità, non richiede certo qui di essere ricordato.
La sua è una poesia che esplora i temi della memoria, l’identità, la condizione umana, l’amore, la morte, il rapporto con la sua terra d’origine, La Calabria. Una poesia sempre sospesa da un lat tra la dimensione onirica e il mondo reale, dall’altro lato un’attenta rappresentazione della realtà. I suoi versi scavano nella memoria, negli angoli più oscuri dell’inconscio e della mente per riportare dal passato immagini e figure che rivivono sulla pagina, si arricchiscono di colori e di luce. L’ineffabile creatività del poeta è un ambito di attenta esplorazione da parte di Maffia: creatività che nasce dalla meditazione sulle contraddizioni e le debolezze di ogni essere umano. Una riflessione costante sul significato di “poiéin”, “fare”, “creare”, “plasmare”, quasi conferendo alle parole una consistenza materica. Maffia si interroga costantemente su quale sia il ruolo del poeta nella società contemporanea, perché la sua idea di poesia è fede nella poesia.
L’amore, così come la morte, sono temi ricorrenti. Maffia è uomo del sud e nelle sue poesie si ritrova quindi il calore dei sentimenti, il pulsare del sangue, l’esplosione delle emozioni che si inondano di luce e la luce si fa parola, illuminando zone d’ombra. L’amore è dunque ora tenerezza e delicatezza, ora passione che travolge, gelosia che tormenta, delusione cocente per un Amore tradito che porta con sé dolore e tragica rassegnazione: “La passione è spenta./ La passione, dico, il fuoco che bruciava,/ in ogni direzione(…) È morto il cuore,/ morto il delirio che sapeva svegliare/ i nitriti e dare sfogo agli arbitrii,/creare gli sbandamenti dei labirinti/e le dolcezze dei voli”. La mancanza d’amore, principio e lievito di ogni altro sentimento, è per il poeta buio, nero, morte “In questo pianoro/ le farfalle sono tutte morte; (…)il nero fa da padrone ed è sempre accigliato/. Ho provato a fuggire/ attorno ho trovato solo calanchi,/terre abbandonate,/dirupi scoscesi e tombe”. Ecco che il paesaggio arido e brullo è metafora del male esistenziale del poeta, che non vuole “marmi che rimpiangono/La mia umana effervescenza, /che mi ricordino ai posteri”.
Ma Maffia è poeta “proteiforme”, come sopra ho scritto i temi che affronta nei suoi versi sono molteplici e quindi anche l’attenta registrazione dei mutamenti che avvengono nella società si ritrova spesso nei suoi testi. Il poeta è testimone dei cambiamenti in atto, come si legge dalle poesie della sezione “Il Nuovo Assetto”. Di cui riporto questi emblematici versi della poesia N.7: “Che ognuno si tenga la sua lingua/si tenga il suo colore/le sue credenze, /la sua fede:/L’amore sia consacrato,/sia benedetto dalle iene e dai falchi./A vigilare sono i giardini in fiore/le donne del ratto compiuto,/le divergenze femminili”.
Memoria personale e collettiva si intrecciano dunque nei suoi versi e una vena di poesia civile si ritrova in quei versi in cui il poeta non esita a denunciare le contraddizioni della società contemporanea.
Per quanto riguarda i molteplici toni e lo stile delle poesie, ben evidenzia Davide Rondoni nella prefazione che “se da un lato i versi di Maffia sono dotati degli acquisti delle poetiche d’avanguardia moderna (da lampi surrealisti a testacoda ermetici) dall’altro non abbandona il passo epigrammatico e classico”.
Un libro dunque da leggere come il racconto di una vita in cui ciascuno di noi può ritrovare parte di se stesso e del proprio vissuto. Ed è per questo che esiste la poesia.
Laura Garavaglia