“Il nido della cicogna”. Non è il titolo di un romanzo sul miracolo della nascita, anche se con questo miracolo ha a che fare. E’il nome del laboratorio artigianale di Maria Gabriella Poggio, comasca,madre di sei figli, che ha reagito al dolore straziante di un grave lutto dedicandosi con passione alla sua attività e dimostrando come anche dopo un evento tragico, anzi, proprio in relazione a quell’evento, una donna può trovare in sè risorse e capacità di cui neppure si rendeva conto. Tratto da L’ORDINE del 15/03/2009
Dare un esempio virtuoso e tutto femminile di come si possa reagire non sol sul piano personale, ma anche alla crisi economica che investe il nostro territorio. “ Sono separata da mio marito.Due anni fa è mancata mia nuora. Aveva trentun anni ed ha lasciato soli il suo bambino e suo marito. Ho vissuto per mesi con un vuoto interiore indescrivibile, per me era come una figlia; soffrivo anche per il dolore di mio figlio e perchè mio nipote non aveva più l’amore della mamma.Capivo peròche non potevo chiudermi in me stessa. Dovevo provvedere anche alle necessità di una famiglia numerosa. Passavo parte della giornata a navigare su internet, a cercare qualche idea per trovare un’attività alla quale potermi dedicare per distrarmi e curare questa ferita dell’anima. Ho visto su un sito delle bambole particolari, assolutamente simili a neonati in carne ed ossa . Mi piacevano, ne ho comprata qualcuna. Poi ho pensato di realizzarle io stessa.” Maria Gabriella Poggio è una signora dai tratti gentili, i capelli ricci color tiziano raccolti in una coda; non dimostra i suoi cinquantasette anni. Mi parla con un velo di tristezza negli occhi, ma anche con voce ferma dalla quale trapela una determinazione tutta femminile a voler ridare un senso alla sua vita. Le sue bambole sono dei veri capolavori, sculture artistiche che non lasciano indifferenti, neonati e bambini di pochi mesi che sembra si mettano a vagire da un momento all’altro. “Reborn dolls”, vengono chiamate. Nascono da un’idea di una donna americana che, avendo perso il figlio appena nato, aveva voluto”ricrearlo” come bambolotto. Ma la signora Poggio rifiuta questa ottica. Per lei si tratta di bambole da collezionare, oggetti d’arte preziosi e delicati da custodire. “Mi faccio inviare i kit composti da vari pezzi dagli Stati Uniti e dalla Germania, poi io creo il corpo, spesso con la stoffa , assemblo braccia e gambe. La lavorazione prevede diverse fasi di cottura, per dare le giuste tonalità di colore al corpo ed al viso. Poi si aggiungono i particolari, gli occhi , che acquisto dalla Germania , e i capelli che compro alle aste su e-bay; sono prodotti in preziosa lana mohair e vengono dal Montana. Questa lana è piuttosto cara, 70/80 dollari all’oncia con cui riesco a realizzare due bambole.” Maria Gabriella si entusiasma, mentre parla del suo lavoro, sembra che la sua vocazione di madre si trasmetta anche a queste piccole creature, delle quali è “mamma” a tutti gli effetti. Prepara lei stessa i loro vestiti, lavorati a maglia o a uncinetto, abilmente ricamati. “Ho aperto il laboratorio circa un anno e mezzo fa. Fino ad oggi ho venduto diverse bambole. Ciascuna di esse è un pezzo unico ed irripetibile e sono contenta che molte persone apprezzino il mio lavoro, tanto che diversi negozi me le hanno richieste. Del resto le vendo a prezzi ragionevoli, in proporzione al tempo che mi richiede la loro creazione ed al costo della materia prima. Ma non è certo solo il profitto che mi interessa. Per me la cosa più bella è mettere in ciascuna bambola una parte dei miei sentimenti, farne oggetti d’amore ” . E’ vero , sono pezzi particolari, che possono piacere moltissimo o non piacere affatto, in virtù delle loro peculiarità, dato che a questi bambolotti manca veramente solo il respiro per essere dei bambini. Si potrebbe applicare ad essi la teoria del “correlativo oggettivo” di Thomas Eliot: oggetti che diventano simboli di sentimenti, emozioni, idee, assumendo così un valore poetico. Perchè è poesia quella che Maria Gabriella ci offre con le sue creazioni.