“Un po’ di musica sparata nelle orecchie per cancellare tutte le parole, un po’ di droga per anestetizzare il dolore o per provare una qualche emozione, tanta solitudine tipica di quell’individualismo esasperato, sconosciuto alle generazioni precedenti, indotto dalla persuasione che – stante l’inaridimento di tutti i legami affettivi – non ci si salva se non da soli, magari attaccandosi, nel deserto dei valori, a quell’unico generatore simbolico di tutti i valori che nella cultura si chiama denaro”. Tratto da L’ORDINE del 19/09/2009
Sono parole del filosofo Umberto Galimberti, tratte dall’introduzione al libro “L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani”, edito da Feltrinelli. Riassumono in poche frasi quello che è il ritratto, anzi, lo stereotipo delle nuove generazioni. E non solo saggi di eminenti psicologi, sociologi , filosofi, eccetera si accaniscono nel dare una visione apocalittica degli odierni teenager , ma anche media, film di cassetta (che poi si rivelano dei colossali flop, vedi il tediosissimo Albakiara di Stefano Salvati) pretendono di farci credere che i nostri figli sono una marmaglia priva di cultura, dedita ad alcol, droga, sesso e violenza, che sprofonda inesorabilmente nella voragine del nichilismo imperante. No,i giovani, almeno la maggior parte di loro, non sono così. Ho insegnato per anni agli adolescenti e anche se da tempo non insegno più, sono circondata da giovani, amici dei miei figli ai quali la nostra casa è sempre aperta. Grazie a loro, ai sogni, ideali, passioni, che a quell’età sono illuminati dalla luce calda della speranza, possiamo mantenere vivo almeno un soffio della nostra giovinezza. Ricordarci come eravamo,quali sentimenti ci riempivano il cuore, “chi” eravamo, se, con il peso degli anni, l’abbiamo dimenticato. Non mi permetto di dare dei giudizi che pretendono di essere verità assolute. Vorrei solo portare un esempio locale, virtuoso in quanto ho potuto verificarne il valore,uno fra i tanti. Riguarda un gruppo di studenti del Liceo Giovio e vuole sfatare il luogo comune che considera adolescenti e giovani refrattari ad ogni genere di lettura .Nel settembre del 2008 tre compagni di scuola decidono di trovarsi una volta alla settimana e discutere , in inglese, di un libro da loro letto che li ha colpiti in particolare. L’inglese viene privilegiato perché ciascuno di loro ha un genitore o ambedue di origine anglosassone. Naturale, dunque, esprimersi nella “lingua dell’anima e non della mente” come, in modo poetico ed illuminante, afferma uno dei tre, Filippo Celuzza, ideatore dell’iniziativa. Nasce così il “ Book club” che ha presto un gran successo, dato che gli iscritti salgono in poco tempo a 14. Il Bar Ardita, storico ritrovo degli studenti del Liceo Scientifico, viene eletto a caffè letterario da questi giovani animati da un sincero amore per la letteratura. Davanti ad una bevanda calda o a una bibita, ogni settimana,a turno, ciascuno dei soci presenta brevemente la trama , i personaggi e gli argomenti trattati nel libro che ha letto. “Ci soffermiamo in particolare sui temi, perché spesso accade che ci sentiamo coinvolti emotivamente dalle situazioni descritte” – continua Filippo – “ e così si arriva a discutere di tante altre cose, spesso per ore”. Certo, parlano della loro vita, dei problemi che nella quotidianità si trovano ad affrontare a scuola, in famiglia, dei progetti per il futuro, degli ideali che, contrariamente a quanto pensiamo, sono più che mai vivi nei loro cuori. E parlandone, insieme, sempre in inglese, è per tutti più facile rivelare anche aspetti della propria personalità che altrimenti rimarrebbero nascosti, anche solo per timidezza; è più facile fare chiarezza dentro se stessi. Tanti i libri letti e commentati; non certo letture d’evasione: classici della letteratura straniera, come Il maestro e Margherita di Mikail Bulgakov o L’amore ai tempi del colera di Gabriel García Márquez ; Comma 22 di Joseph Heller , Demian di Herman Hesse, solo per citarne alcuni. E con la creatività, la fervida fantasia che solo alla loro età si puòavere, ognuno degli iscritti al club sceglie come pseudonimo il nome dell’autore che preferisce: rinascono così novelli Oscar Wilde, George Orwell, Agata Christie, Jane Austen. Ma non è tutto. Da qualche tempo, una domenica al mese, si trovano a casa di uno di loro per vedere dei cult movie e poi cucinare e pranzare tutti insieme. Spesso i pranzi sono a tema: tra i più divertenti e riusciti , quello ispirato alle ricette afrodisiache del libro di racconti Afrodita di Isabel Allende. Questi ragazzi e ragazze hanno capito che la letteratura puòmolto. Può, come scrive Tzvetan Todorov nel saggio La letteratura in pericolo (Garzanti) “Tenderci la mano quando siamo profondamente depressi, condurci verso gli esseri umani che ci circondano, farci comprendere meglio il mondo e aiutarci a vivere”. Sono questi giovani, che tanto severamente quanto superficialmente giudichiamo,a cercare nelle opere che leggono come dare senso alla propria esistenza, comprendere attraverso queste ultime l’esperienza umana. Chiedo agli eminenti psicologi, sociologi, eccetera se questo , per loro, è poco.