My impression on Rimay International Poetry Festival
Arrivo a Sárospatak dopo un interessante incontro di poesia all’Istituto Italiano di Cultura a Budapest. In questa città si è svolto gran parte della prima edizione del Rimay International Poetry Festival. L’amico poeta magiaro Sándor Halmosi mi ha guidato attraverso una campagna dalle mille sfumature di verde: il frumento non ancora maturo ondeggia al vento con riflessi d’argento che a macchie si confondono con il rosso dei papaveri. Mi colpiscono le coltivazioni di sambuco, alberelli dalla chioma bianca, disposti in filari ordinati. Questa pianta, mi dicono, è utilizzata da qualche tempo in vari modi nell’industria dolciaria. Davanti a me una vasta pianura, sorvolata da nuvole bianche sospese nel cielo. La vista e la mente si perdono in questo spazio che tende all’infinito.
Sárospatak è oggi una cittadina turistica, che ha dato i natali a Santa Elisabetta e a lei sono dedicati una chiesa e un variopinto roseto. La città sorge sul fiume Bodrog, ed è dominata da un castello che nel XVI secolo apparteneva a Francesco II Rákóczi, il signore che guidò gli abitanti della città nella rivoluzione per l’indipendenza dal dominio asburgico. Il castello è in parte ricostruito e spicca sull’edificio una torre rossa che mantiene intatta l’antica struttura.
È qui, in un’ampia sala, che si è tenuta, nel tardo pomeriggio di mercoledì 9 giugno, l’apertura del Festival: parlano le autorità locali, il presidente della Fondazione Rimay, Papp Ferenc e poi il direttore, il poeta Attila Balázs. Ogni poeta ospite si presenta. Molti sono ungheresi, sono curiosa di conoscerli. Un musicista in abiti tradizionali suona melodie medievali con una sorta di zampogna e intona canti popolari. La lingua ungherese ha una musicalità intrinseca: ha molte vocali, che contribuiscono a rendere il suono dolce. Musica e poesia sono parte indissolubile del patrimonio culturale magiaro. Nei vari eventi organizzati con grande cura durante il Festival, ho avvertito il profondo rispetto che ogni ungherese ha nei confronti delle proprie tradizioni. La letteratura in generale e la poesia in particolare hanno un’importanza fondamentale anche nella formazione dei giovani. Ne è testimonianza il Museo della Lingua Ungherese (A Magyar Nyelv Múzeuma), unico non solo in Ungheria, ma in tutta l’Europa. Ha sede a Sátoraljaújhely-Széphalom sul sito dell’antico frutteto di Ferenc Kazinczy, il poeta che ha dedicato la vita alla riforma della lingua e letteratura del suo popolo. Il Museo ha una struttura moderna, è stato costruito nel 2008: il direttore, giovane e brillante, ci accompagna attraverso le sale in fase di rinnovamento, per creare un percorso che utilizza anche la multimedialità per coinvolgere il pubblico, che non si limiterà solo a guardare le opere passivamente ma interagirà con esse. Nel grande prato che si apre davanti al museo, ho potuto leggere e dialogare con il pubblico insieme a Sándor Halmosi, grazie alla traduzione di un gentile poeta che conosce bene l’italiano, Tusnády László (ha tradotto per sé La Gerusalemme Liberata!).
Un incontro importante è stato quello con il professor Balogh András, capo del Dipartimento di Lingua e Letteratura Tedesca alla Eötvös Loránd University. Ha introdotto, sempre nell’ambito del Festival, la scrittrice e poetessa Herta Müller, premio Nobel per la letteratura nel 2009. Purtroppo la Müller non ha potuto essere presente, ma il professore ha colmato la sua assenza.
Ci siamo poi spostati in Romania, a Satu Mare, in ungherese Szatmárnémeti, città di confine tra Ungheria e Romania nella regione storica della Transilvania. Ho sempre considerato fondamentale che nei festival letterari ci siano incontri con le scuole: Il Rimay Festival ha colto in pieno l’importanza di questi incontri. Al Kölcsey Ferenc Főgimnázium Kölcsey, che ospita più di un migliaio di studenti dalla scuola materna alla scuola superiore, ho conosciuto giovani con una profonda sensibilità e amore per la poesia e la scrittura. Tappa successiva è stata il Liceul de Arte “Aurel Popp”, dove studenti dalla scuola elementare alle superiori hanno eseguito brani di musica classica, dimostrando un talento davvero fuori del comune. Per esperienza so che i giovani, se si sa ascoltarli e stimolarli, hanno grande creatività. Gli studenti del Kölcsey Ferenc Főgimnázium Kölcsey mi hanno detto che seguono laboratori di scrittura con i loro insegnanti, molto attenti a costruire insieme ai loro allievoi un serio percorso formativo. È ciò che anche noi, con il Festival Europa in versi, facciamo ogni anno.
In una cittadina vicina a Satu Mare, abbiamo reso omaggio alla storia d’amore tra il poeta Sándor Petőfi e Júlia Szendrei. Un amore contrastato dai genitori di lei, come in ogni storia romantica che si rispetti, ma che alla fine fu coronato dal matrimonio. Il poeta morì (anche qui in linea con lo spirito del romanticismo) a soli ventisei anni, durante la rivoluzione del 1848, combattendo per la liberazione dell’Ungheria dal dominio asburgico.
Alla sera, letture di poesie…ho letto accompagnata dall’armonia delle note dello Hang, strumento a percussione indiano suonato dal Maestro Cserey Csaba,: mi ha detto una cosa che mi ha reso immensamente felice: il suono dei versi in lingua italiana lo ha colpito profondamente durante la performance…
Indimenticabile la degustazione dei vini, nella regione del Tokaj. Centinaia di cantine scavate sin dal medioevo nel sottosuolo custodiscono vini eccellenti, prodotti dalle aziende attive nella regione, famose in tutto il mondo. Il vino e il cibo fanno parte della cultura di un popolo. Profumi, sapori, convivialità…la poesia è fatta anche (e forse soprattutto) di questo: vivere momenti anche brevi, ma così intensi da imprimersi nell’anima e poi sedimentare dentro di noi, fino ad esplodere nella luce della parola poetica.
L’ultimo giorno, prima della partenza è stato un tripudio di musica, con artisti che si sono esibiti suonando generi diversi, interpretando anche testi di poeti famosi. Poi la consegna dei diplomi di partecipazione e infine, la mattina del 13 giugno, un saluto a tutti…e finalmente un abbraccio!
Ci si potrebbe chiedere a cosa servono i festival di poesia, cosa rimane dopo questi eventi: ebbene, sono il modo migliore per costruire ponti tra culture affini o diverse, grazie alla possibilità di tradurre poeti e scrittori stranieri e di far conoscere in traduzione i nostri autori contemporanei. Grazie anche all’attività editoriale di poeti come Attila Balázs e Sándor Halmosi o, nel caso del Festival Europa in versi, dell’editore Stefano Donno de I Quaderni del Bardo, ma anche di tante altre piccole e medie case editrici, questo miracolo è possibile. Sono importanti gli incontri con il pubblico, per permettere anche a chi si accosta per la prima volta alla poesia di capire il valore che essa restituisce alla parola. Sono fondamentali, come ho scritto sopra, gli incontri tra poeti, scrittori e studenti nelle scuole, per mantenere viva la lingua, per stimolare la loro “poetenziale” creatività ( la parola, qui inventata, vuole unire i due significati di poesia e potenzialità). Quindi, ben vengano i festival di poesia e letteratura, ben vengano le traduzioni: pare impossibile che nell’era della globalizzazione la torre di Babele delle lingue sia ancora un ostacolo alla diffusione della poesia e della letteratura in generale. Dunque viva le traduzioni!
Grazie davvero per questa esperienza agli organizzatori, al presidente della Fondazione Rimay Papp Ferenc, al direttore, il poeta Attila Balázs e un saluto particolare al poeta Sándor Halmosi, per la sincera amicizia, la gentilezza e l’ospitalità con cui mi ha accolta. La prima edizione è stata un successo, sono certa che lo saranno anche le prossime!
Laura Garavaglia