Ugo Foscolo, dal temperamento energico e passionale, fu particolarmente sensibile ai molteplici aspetti della grazia e della bellezza femminile. Alla sua fervida mente – affollata di idee e progetti che si concretizzarono nelle sue opere migliori di poesia e di prosa nelle quali si armonizzano classicismo e tensione verso i nuovi fermenti che presagiscono l’età del Romanticismo – non poteva non corrispondere un cuore colmo di passione, dove le esperienze d’amore si intrecciavano, si inseguivano, intense e spesso fugaci. “Di vizj ricco e di virtù, do lode/ alla ragion, ma corro ove al cor piace” recita il poeta nativo dell’isola greca di Zante nel sonetto “Solcata ho fronte”, suo realistico autoritratto. Tratto da L’ORDINE del 26/06/2009
Foscolo, che per temperamento visse in prima persona ed intensamente i profondi cambiamenti politici e culturali del suo tempo , viaggiòin Italia e in Europa e soggiornòper un certo periodo sul lago di Como. Nel giugno del 1809, dopo la soppressione da parte dei francesi della cattedra di Eloquenza a Pavia, dove insegnava, fu nella nostra città per cercare un appartamento dove trascorrere parte dell’estate e dell’autunno, in compagnia dell’amico Giulio di Montevecchio, che condivideva con lui la casa a Pavia. E qui rivide Francesca , quarta degli otto figli del conte Gian Battista Giovio, profondamente cattolico, moralmente retto, amante delle lettere e della filosofia; stima ed interessi culturali alimentavano l’amicizia col poeta. Foscolo frequentava la famiglia del nobiluomo sin dal 1807, ospite sia nella grande casa di Como che nella splendida residenza sul lago, attuale Villa Celesia nella zona detta Il Grumello, che era stata acquistata da conte nel 1775. Vicini a Foscolo erano – oltre a Francesca- Benedetto, compagno d’armi di Giulio, fratello del poeta , Vincenzina e Felicia (si narrava, ma mancano documenti certi, che il poeta avesse flirtato anche con queste due giovanette).L’amore per “ Cecchina”, come affettuosamente la chiamava Foscolo, sembra nascere proprio durante queste frequentazioni; nell’agosto del 1808, viaggiando lungo il Lario, dove era andato, scrisse, “per vivere solo con sé e per sé”, gli apparve “la vergine innamorata che volgea gli occhi verecondi e il desiderio alla luna”. La passione per la contessina, candida ed ingenua, duròcirca un anno , durante il quale Foscolo nutrì una forte passione anche ( e soprattutto ) per Maddalena Bignami , immortalata nel poema le Grazie. “Il poeta aveva lasciato una porzione del suo cuore, la più grande , a Milano, in casa Bignami e l’altra sul Lago di Como, in casa Giovio”, come scrisse Giuseppe Chiarini. Foscolo si rese ben presto conto che la relazione con Francesca, sia pur sino ad allora del tutto platonica, non avrebbe potuto continuare. Egli non era certo per carattere il tipo di uomo da unirsi stabilmente ad una donna, e se ne rendeva conto; inoltre, l’amicizia, la stima e l’affetto che lo legavano alla famiglia Giovio lo indussero a scrivere alla contessina una lunga, commovente, lettera datata 19 agosto del 1809, mentre era ospite nella loro prestigiosa dimora sul lago. Con toccanti parole la persuadeva a dimenticare un affetto che, benché puro, non avrebbe potuto continuare se non diventando illecito : “Non sarete mia moglie finchè potròcomparire vile d’innanzi a me, seduttore verso i vostri parenti e crudele con voi. Addio, con tutta l’anima addio” . E si sdegnava verso la Marchesa Porro – si era probabilmente invaghita del poeta, ma non era ricambiata – che, riferendosi alla sua relazione con Francesca e parafrasando il noto romanzo epistolare del Foscolo aveva affermato ,con una punta di malizia non priva di verità, “Ortis vuole lasciare Terese dappertutto”. I genitori della giovane si accorsero che fra il poeta e la figlia c’era del tenero. Senza rompere i rapporti con lui e per risolvere la situazione imbarazzante, il padre la promise in sposa ad un colonnello francese, Victor Vautré . Il matrimonio fu celebrato nel 1810 e i coniugi si trasferirono a vivere a Parigi. Le vicende amorose del Foscolo in territorio lariano, si intrecciarono con la sua produzione poetica. La bellezza discreta del nostro lago, il trascolorare della luce durante le ore del giorno , i bagliori d’argento riflessi sulla superficie dell’acqua, i ridenti paesi ed il verde intenso dei monti che lo coronano, ispirarono parte del poema le Grazie, che celebrano la bellezza portatrice di civiltà e dell’armonia dell’universo, consolando l’umanità da sofferenze e dolori.
Come quando più gajo Euro provòca
sull’alba il queto Lario, e a quel sussurro
canta il nocchiero e allegransi i propinqui
liuti,e molle il flauto si duole
d’innamorati giovani e di ninfe
su le gondole erranti; e dalle sponde
risponde il pastorel con la sua piva:
per entro i colli rintronano i corni
terror del cavriol,mentre in cadenza
di Lecco il malleo domator del bronzo
tuona dagli antri ardenti; stupefatto
pende le reti il pescatore, ed ode.
Tal dell’arpa diffuso erra il concento
Per la nostra con valle; e mentre posa
La sonatrice, ancora odono i colli.
Indimenticabili sono questi versi dell’Inno secondo, che fissano il paesaggio lariano come un’incisone su cammeo: l’armonia prodotta dalla musica dell’arpa suonata da una delle Grazie sul colle di Bellosguardo a Firenze – dove Foscolo compose gran parte del poema – è paragonata al vento che all’alba muove lievemente le onde sul lago .