La nuova stagione de La Casa della Poesia di Como si aprirà giovedì 6 ottobre alle 20.30 in via Rovelli 4, presso la sede de L’Ordine, con una serata dal titolo “Poesia di frontiera”, dedicata a due poeti che hanno fissato nei loro versi con immagini nitide e potenza espressiva la realtà in cui vivono e operano.
Pietro Berra è comasco, giornalista del quotidiano La Provincia e animatore culturale nella nostra città. Tratto da L’ORDINE del 29/09/2011.
Fabiano Alborghetti da anni vive nel Canton Ticino, dove è consulente editoriale per diverse case editrici, scrive di critica letteraria per riviste e sul web, è direttore artistico del festival Poesia Presente, ha creato e conduce un programma radiofonico di diffusione della poesia per Radio Gwen.Ambedue sono autori di diverse raccolte di poesia che hanno avuto importanti riconoscimenti.Bastino due esempi: finalisti, qualche anno fa, al Premio Cetona Verde, curato da Maurizio Cucchi; il nuovo libro di Berra, “Terra tra due fari”(Lietocolle 2010) è arrivato in finale al prestigioso Premio “Antonio Fogazzaro”.Comaschi sono il poeta Wolfango Testoni che presenterà la serata e dialogherà con gli autori e la flautista Tamara Pertusini che eseguirà intermezzi musicali. Per dare voce e visibilità a talenti più o meno nascosti nella nostra città e nel territorio circostante.Autori della nuova generazione, calati nel presente corpo ed anima, attenti ad osservare e registrare persone, cose, situazioni, problemi attuali. Grazie all’ineffabile potenza del loro linguaggio poetico offrono una diversa chiave di lettura della realtà, più profonda e vera rispetto a quella della immediata comunicazione trasmessa dai media.Poesia di frontiera. Un confine, quello tra Italia e Svizzera, che nel corso del tempo ha assunto funzioni e significati diversi: dal movimento irredentista nato in periodo risorgimentale che dopo l’Unità rivendicava il Canton Ticino e quello dei Grigioni, alla faticosa e pericolosa attività di contrabbando svolta dagli spalloni, figure contornate da un alone romantico, dalla fuga di capitali al fenomeno delle migrazioni legate alla globalizzazione e al processo di integrazione europea.Un confine che non è mai stato un solco di rigida separazione, ma semmai un luogo di scambio e di congiunzione, poroso e permeabile per persone e merci. Oggi ancora più che in passato.La poesia, linguaggio universale che parla a tutti gli uomini, non ha confini, non conosce frontiere continua il suo viaggio da secoli, in ogni luogo abitato dall’uomo, forte e viva perché attività della vita e dunque insopprimibile finchè gli esseri umani vivranno sulla terra.In questa dimensione di totalità devono essere lette le poesie dei nostri due autori.In “Terra tra due fari” Berra percorre l’Italia in un viaggio reale e ideale tra storia e memoria, rivivendo situazioni, riportando alla luce emozioni e sentimenti, motivi di polemica o di orgoglio, rievocando episodi legati appunto alla storia dei luoghi che il poeta attraversa o dove sosta.Un viaggio delimitato da due fari, quello di Volta e quello di Santa Maria di Leuca in Puglia, punti di luce che orientano e rassicurano il poeta-viaggiatore durante un percorso che si stempera in un tempo fluido, tra passato e presente, che è comunque già trascorso nel momento in cui lo viviamo. Il tempo del ricordo. Ma anche, come scrive l’autore stesso nelle note, due simboli, “due sentinelle una che guarda verso l’Europa e l’altra verso l’Oriente”. Oltre ogni confine.Luoghi a lui cari, qui al nord, come Brunate, “scelta di vita” per il poeta, trasfigurata in uno spazio-tempo interiore, dimensione di pensieri e passioni, dove dimenticare la routine imposta dalla quotidianità per stupirsi ancora di fronte al miracolo della neve “Risalire i tornanti/con la speranza di vederla (…) trovarla d’incanto sulla piazza del faro/distesa bianca fino alla soglia di casa.” E al sud, in Puglia dove “puoi inseguire la luna/di Bodini per una notte intera/in questa penisola al quadrato/dove il giorno è più azzurro/e la notte più nera”.La raccolta di poesie di Fabiano Alborghetti sintetizza nel titolo “Registro dei fragili” (Casagrande, 2009) il significato profondo della sua ricerca poetica: un triste fatto di cronaca nera, tragico epilogo di un matrimonio in crisi, una storia di ordinario non-amore che annega nell’abitudine, corroso da incomprensioni e rancori, offre lo spunto per osservare la giungla intricata della normalità, fissare l’attenzione alle storie della “gente comune”, volti sconosciuti che si incontrano nei cosiddetti “non luoghi” e subito spariscono dalla nostra vista, dall’orizzonte del nostro vissuto e da quello del nostro tempo futuro. Discorsi che, distrattamente, di sfuggita possiamo cogliere ogni giorno, pensieri deboli di cui è satura la nostra realtà. Come quelli della madre, ingrassata e depressa: “Guarda ora che disastro:/non più donna di un qualunque corpo sfatto/che vedeva giù al mercato./Non è questo il mio destino/ripeteva, meritavo altro destino/che un marito sempre assente ed un figlio che risucchia/ogni stilla e paragone…”O il comportamento del padre : “ Il discorso, la finzione del discorso per offrire la presenza/di buon padre buon marito che pagava in pizzeria:/poi girava con lo sguardo come fosse un po’ per noia/stando attento a bilanciare tra l’attorno e la famiglia”.Una serata durante la quale potremo capire che la poesia non è solo pura e astratta tensione verso una ineffabile idea di Bellezza, ma è un modo di osservare con sguardo acuto e profondo cosa accade oggi intorno a noi. Un modo di vivere.