“C’è una chiesetta amor,/ nascosta i mezzo ai fior,/ dove m’hai dato un bacio a primavera;/ricordi quella sera ancor?”. Sentivo cantare spesso questo ritornello a mio padre, quando ero bambina. Papà aveva molti dischi di canzoni che gli ricordavano la sua adolescenza e giovinezza. Anni dopo ho scoperto che quel motivo, intitolato appunto “C’è una chiesetta”, come tanti altri in voga durante il periodo fascista, era stato scritto da un ragazzo come lui, un giovane di Como, Eugenio Cantoni, terzogenito di una solida, benestante famiglia. Tratto da L’ORDINE del 11/08/2009
Il padre, Angelo Emanuele ,era un noto avvocato, esercitava la libera professione e ricoprì nel corso degli anni numerose ed importanti cariche pubbliche in città: era, tra l’altro vice-giudice presso l’Ufficio del Giudice Conciliatore, consigliere nella Società Anonima “Funicolare Como-Brunate”, Presidente del Consiglio di Amministrazione della Tipografia Cooperativa Comense A.Bari, palchettista del Teatro Sociale , fino ad essere nominato,a Roma, nel 1935, membro della Camera delle Corporazioni. La madre, Rita Rossetti era figlia dell’ingegner Enrico Rossetti, apprezzato per le sue capacità professionali (fu , tra le altre cariche, membro dell’Esposizione Voltiana del 1899) e di Giuditta Sirtori, nipote di un generale garibaldino. I coniugi Cantoni ebbero tre figli, Bruna, sempre impegnata in opere di beneficenza e molto vicina al fratello Eugenio, tanto da redigere il diario degli ultimi suoi giorni di vita; Enrico, detto Ketto,che seguirà la brillante carriera del padre e il piccolo della famiglia, chiamato affettuosamente Neno, coccolato e viziato dai genitori e dai fratelli .E già da bambino dimostrava le sue doti straordinarie in ambito musicale quando il nonno o il papà lo portavano al Teatro Sociale ad assistere ad opere liriche e lui rimaneva zitto, come incantato e rapito dalla musica, dall’orchestra, dai virtuosismi dei cantanti.Tanto che , da “enfant prodige” quale si rivelòin seguito, con l’entusiasmo irrefrenabile dell’adolescenza correva nei camerini alla fine degli spettacoli, a complimentarsi con attori e cantanti famosi a quel tempo, facendosi firmare autografi, collezionando foto con dedica, come quelle del Trio Lescano o della cantante e attrice Germana Parolieri e regalando loro spartiti con le sue composizioni. O quando, ancora piccolo, la domenica e durante le serate trascorse in casa, ascoltava , pensando ad un effetto magico, le melodie prodotte dall’autopiano che papà o la sorella Bruna azionavano semplicemente premendo un tasto e lo strumento suonava, come per magia , celebri brani musicali. I Cantoni erano davvero una bella famiglia, molto unita e papà Angelo, nonostante i molteplici impegni, trovava sempre il tempo da dedicare alla moglie e ai figli. Durante le vacanze , organizzava viaggi lungo l’Italia in luoghi di interesse culturale e paesaggistico , spostandosi con un’automobile, la Fiat 510 sport, veloce e confortevole sulle strade dell’epoca. Neno ebbe così modo di vedere le diversità culturali allora ancora molto marcate tra le varie regioni e di arricchire quella sete di conoscenza , quella curiosità intellettuale che uniti alla creatività artistica furono i tratti fondamentali del suo carattere. Una figura, quella di Eugenio Cantoni, dimenticata troppo in fretta, come troppo precocemente si è spenta la sua vita, a soli ventun anni, ucciso dal tifo , malattia contratta in modo atrocemente banale, probabilmente mangiando un gelato. Neno era davvero un artista: componeva, da autodidatta, canzoni, al pianoforte, che aveva studiato al Liceo Musicale Galli; ne scriveva le parole, poesie in musica, e questa sua attività di antesignano dei cantautori lo rese famoso, nonostante la giovane età, nel mondo della musica leggera nel periodo tra le due guerre. Molte sue composizioni hanno accompagnato gli anni verdi, i momenti di svago di tanti comaschi (e non solo), dal momento che fu paroliere di motivi allora in voga, come “Fammi sognare” e “Verso il sole”che divennero colonne sonore di film , “Gli ultimi della strada” e “Pazzi di gioia”. E proprio nella canzone “A vent’anni” (Verso il sole) si coglie nei versi tutta la forza, la passione, la speranza e la voglia di conquistare il mondo che si ha solo a quell’età , sentimenti che in lui saranno annientati in modo prematuro: “Avent’anni la vita fa sognare;/ a vent’anni/ si puòsempre sperare./ E’ tutto un canto spensierato/d’illusion…/A vent’anni/verso il sol!” . Compose una rivista per Macario e scrisse una sceneggiatura , dato che si interessava anche di cinema, per la splendida, allora giovanissima e già affermata attrice Alida Valli, che intitolòproprio “Alida” in suo omaggio ; ma la morte, nel 1940, gli impedì la realizzazione del film. L’affascinante diva era stata sua compagna di scuola e, com’è facile intuire, nutriva verso di lei sentimenti che andavano ben oltre la stima e l’ammirazione. Durante il biennio delle superiori, al Liceo Ginnasio Alessandro Volta, si ritiròdopo uno screzio con il “mitico” professor Margheritis e continuògli studi privatamente, iscrivendosi dopo l’esame di maturità alla facoltà di legge a Milano. Probabilmente l’ambiente scolastico soffocava, in parte, il suo bisogno di esprimersi in modo originale, fuori dagli schemi, di seguire la propria ispirazione artistica. Scriveva in continuazione, Neno. Annotava nei suoi diari ogni particolare della sua vita, che era ricca di interessi e di relazioni, componeva poesie, scriveva frasi dalle quali , a volte, traspariva una certa amarezza, un’ombra di tristezza a velare il suo carattere solare: “Non guadare mai indietro,t’accorgeresti che troppo tempo ti sei lasciato sfuggire. Non guardare mai avanti; t’accorgeresti che troppo poco, forse , te ne rimane”. Bastano queste parole -scritte nel 1938, tratte dai suoi diari e pubblicate nel volume “Neno Cantoni”,New Press Editore, – ad evidenziare quanto Neno, fatalmente, avvertisse, accanto alla gioia di vivere, la precarietà dell’ esistenza, lo scorrere veloce, troppo rapido della giovinezza. Scrivere era per lui necessità vitale, e in quel meticoloso registrare sulle pagine ogni particolare, anche minimo, delle sue giornate sembrava presagire che il tempo a lui concesso dalla sorte sarebbe stato così terribilmente breve in rapporto a ciòche avrebbe voluto fare, creare, conoscere. Dai suoi diari, dalle sue lettere emerge un amore viscerale per la vita, la volontà di assaporarne fino in fondo gli aspetti positivi, gli affetti familiari, l’amicizia con Gigino, Dory, Alex, Brandi, Lilly, la sua vera confidente; gli amori : Piera, Orietta, alle quali dedicòcanzoni come “Piccolo fiore”e “Fox nuziale”, Ennia che conobbe durante le estati trascorse in parte a Brunate e della quale si innamoròtanto da desiderare di sposarla; i viaggi , le feste, gli svaghi. Ed emerge anche un interessante spaccato della realtà comasca in quegli anni, di come i giovani si divertivano e trascorrevano il tempo libero, gli spettacoli al Teatro Sociale, il cinema e il varietà al Politeama, le merende organizzate con gli amici a base di dolci della famosa pasticceria “Unica”, gli aperitivi e i tè sorbiti in alcuni locali storici di Como, ancora oggi esistenti, Ceccato,Monti, Barchetta,Suisse, le serate trascorse in casa, ascoltando la radio, giocando a ping pong, facendo cruciverba o ancora occupando il tempo libero con giochi di società. E , più sfumata, come sfondo di un quadro da cui emergono scene di vita quotidiana, la storia di quel periodo. Agghiacciante la coincidenza tra la tragedia collettiva e quella privata: l’entrata in guerra dell’Italia, nel giungo del 1940 e la morte di Neno nel luglio dello stesso anno. La vena artistica del giovane doveva trovare sfogo in molteplici attività: oltre alla musica e alla poesia, Neno si dedicava al modellismo: costruiva giocattoli di legno e di latta, piccoli aeroplani, automobili, tram,barche, sci in miniatura, che farebbero la gioia dei collezionisti di questo genere. Si dedicava alla fotografia, disegnava le copertine dei suoi spartiti, molti de quali pubblicati dall’editore musicale comasco Giuseppe Rampoldi, era sempre pronto ad occuparsi dell’organizzazione di intrattenimenti: feste, gite, spettacoli. Aveva costituito anche delle squadre, composte da ragazzi e ragazze, che lui stesso allenava, di hokey a rotelle, costruendo da solo le mazze. Se la morte non avesse bussato così in anticipo alle porte della sua anima, Neno avrebbe avuto modo, è probabile, di coltivare i mille interessi che lo appassionavano , di maturare ed affinare la propria creatività, Ma già quello che ci ha regalato durante la sua breve vita meriterebbe di essere ricordato non solo nelle pagine di un libro. Perché Neno amava la sua città, il suo lago , come testimonia la canzone di seguito riportata , tratta dal volume sopra citato. Settembre Lariano .Settembre Lariano/la luna /risplende/nel cielo/e sorride./ E brillan lontane/le luci di Como. E’ un incanto./Si cullan nell’onda/ serena/serene/barchette e due cuori/nell’ombra.Là in fondo/la luce di Como risplende./ La luna sorride /guardando /quei cuori/ felici e la piccola/barca:ma tace/e lassù benedice/quel lago d’incanto.