E il dolore?” si domandò “Dov’è finito? Allora, dove sei, dolore?” Si mise in ascolto. “Ah, eccolo. E allora, che venga il dolore.” Ho pensato, leggendo la raccolta di poesie “I colori dei precipizi”di Michelangelo Camelliti (LietoColle, 2011) , a queste parole tratte dal breve romanzo “La morte di Ivan II’ic” di Tolstoj pronunciate dal protagonista poco prima di morire.
Tratto da L’Ordine del 2/10/2011
“E il dolore?” si domandò“Dov’è finito? Allora, dove sei, dolore?” Si mise in ascolto. “Ah, eccolo. E allora, che venga il dolore.” Ho pensato, leggendo la raccolta di poesie “I colori dei precipizi”di Michelangelo Camelliti (LietoColle, 2011) , a queste parole tratte dal breve romanzo “La morte di Ivan II’ic” di Tolstoj pronunciate dal protagonista poco prima di morire. Il dolore, in ogni sua forma, fa parte dell’esistenza, ne è componente inscindibile. Lottiamo per allontanarlo, ci rassegniamo a sopportarlo, ma il fatto che ci accompagni, esperienza personale, intima e profonda, significa che stiamo ancora percorrendo il sentiero tortuoso eppure ricco di insospettabili sorprese che è la vita . Significa che siamo ancora qui, anima e corpo. Nel libro di Camelliti, un felice esordio che testimonia una passione per la poesia forte e viva da oltre trent’anni (l’autore è infatti il fondatore della casa editrice LietoColle), c’è presa di coscienza del dolore, ricevuto “come un dono, non come un castigo”. Dolore che è fisico e spirituale al contempo, perché il confine tra l’uno e l’altro è sfumato, poroso, impossibile da tracciare come difficile, impossibile è in fondo scindere il corpo dalla mente “Gli ospedali sono fatti per pensare/sono stato lo specchio che soffre, dico./Colori pochi così non mi confondo/i muri uguali e gli armadi senza abiti. E poi lenzuola. Tante (…) anche i pensieri/materassi contro materassi/schiacciati contro l’ultimo cielo/le mie mani e vi tocco e vi abbraccio”. Nel disagio esistenziale a volte precipizi si spalancano davanti al protagonista di questo poemetto, come se il terreno sicuro dell’amore franasse all’improvviso sotto i suoi piedi e si aprisse una voragine che lo ingoia. Precipizi che hanno il colore di quadri di autori famosi, che dividono le tre sezioni del libro: i toni del grigio della celebre tela “Guernica” di Picasso, dove evidenti sono i simboli di un tragico dolore universale e di una sofferta rassegnazione. E poi i colori violenti, spesso dissonanti delle tele degli espressionisti francesi, i Fauve, per esprimere emozioni e descrivere ciòche si sente, ciòche vedono gli occhi dell’anima, percezione deformata e inquieta della realtà, lontana da quella che ci circonda.: il blu dei fantasmagorici ponti, case ed edifici di Londra di molti quadri di André Derain, come “Il Ponte di Charing Cross” , il rosso de “La stanza rossa di Matisse”. Ma questa umanissima esperienza di dolore aiuta l’autore ad apprezzare il bene che dalla vita riceviamo e di cui spesso non ci accorgiamo, sempre attenti a sentirci, e infine ad essere, vittime del male. Ed ecco che gli affetti aiutano a risanare ferite antiche e nuove, a emergere, sia pure a fatica, dai precipizi per ritrovare nell’amore la speranza e la serenità che la vita dovrebbe donarci: “Avevo nascosto le stampelle dietro la schiena/io dritto, immobile nella luce/vi vedo silenziosi, silenziosi/nel silenzio si schiudono mappe siderali/venti metri come un tempo infinito/un abbraccio che cala negli occhi/dove,finalmente, sorrido ai miei figli”. Amore che, come si coglie in molti versi, è alimentato dalla fede dell’autore, che aiuta a trovare il coraggio di sopportare il dolore :“Signore, ti chiedo da dove viene il mio male? (…) sai che gli aghi sottopelle sono necessari/dal vetro sottile del tuo paradiso, ti prego,/con la luce frantuma la spina,/allenta il dolore”. E l’amore, la fede sono dunque abbraccio di luce totale a cui abbandonarsi : “dalla finestra i giorni avevano il sorriso/quasi una feconda creazione/tanti tanti giorni tra esalazioni pesanti di medicinali/che meravigliosa primavera indossava il cielo/una Prima Comunione con la speranza/forse la bocca di Cesarina/infermiera del turno di notte”.