La poesia di Maurizio Cucchi coinvolge ed accompagna il lettore in un viaggio esistenziale sin dai primi versi della raccolta Il disperso, che, pubblicata nel 1976 a soli trentun anni, sancì la sua fama di grande poeta , riconosciuta con giudizio unanime da intellettuali , scrittori e poeti dello spessore di Fortini, Pasolini, Giudici, Raboni, Porta e Sereni. Tratto da L’ORDINE del 02/03/2010
Un viaggio che continua nelle successive raccolte, Le meraviglie dell’acqua , Donna del gioco, Poesia della fonte, L’ultimo viaggio di Glenn, Per un secondo o un secolo fino all’ultima pubblicata nel 2009, Vite pulviscolari .Un caleidoscopio di frammenti di realtà, sentimenti, sensazioni, ricordi, che fanno parte del suo vissuto si succedono sulle pagine con andamento che oscilla in continuazione tra “scrittura lirica e modi narrativi, tra realismo e visione onirica”, come afferma la poetessa Alba Donati, in una felice e potente combinazione di ritmi, suoni ed immagini che acquistano sempre maggiore compostezza, trasfigurano ogni cenno autobiografico in una dimensione dove il tempo e lo spazio sembrano non esistere più, e l’esperienza di una vita si fa paradigma, simbolo di ogni esperienza umana. Così , per esempio, il dolore per la tragica morte del padre quando il poeta era ancora bambino, il dramma che ha segnato la sua vita e il lungo percorso interiore fatto per elaborare il lutto, accettare, superare quel dolore, si spogliano di ogni riferimento personale, evitano toni intimistici e lirismi scontati e ci offrono, nella raccolta L’ultimo viaggio di Glenn, un ritratto della figura paterna che è tra migliori della poesia del Novecento, come osserva ancora la Donati. Nei versi di Maurizio Cucchi c’è attenzione costante al quotidiano, a quelli che sembrano gesti insignificanti, oggetti umili in apparenza privi di valore (Il tavolo, ben più che grezzo: assi/ male inchiodate, piuttosto; ruvide) ;sensazioni di un momento (Ascolto di qui le voci della piazza,/ osservo come un lago il mare); ricordi vivi (L’uomo era ancora giovane e indossava/ un soprabito grigio molto fine./Teneva la mano di un bambino / silenzioso e felice) o vaghi e frammentari (arrivo regolare di corriera. Manovra,/spiazzo, chiesa paesana) tutto ciòche fa parte dell’esperienza personale, perché, come affermava un altro grande poeta del secondo Novecento, Mario Luzi “Noi siamo quello che ricordiamo/ il racconto è ricordo/ e ricordo è vivere”. Così il passato è ciòche siamo oggi, ci aiuta ad affrontare la preacarietà del presente, a guardare al futuro con quieta, distaccata, ironica rassegnazione.Dunque gesti, sensazioni, ricordi , oggetti sono fonte di ispirazione continua per il poeta; attraverso il linguaggio della poesia, che ha come base il linguaggio comune, le cose di ogni giorno si caricano di simboli che vanno oltre la mera apparenza , diventano le uniche verità di vita. E la parola, ridotta all’essenziale, evoca significati tanto potenti da farsi essa stessa gesto, azione. Poesia “materica”, anche se tale aggettivo è prerogativa delle arti visive e potrebbe suonare come un paradosso. Nell’ultima raccolta di poesie Vite pulviscolari, Maurizio Cucchi sembra essersi “inoltrato in un territorio di confine”- come afferma Giorgio Ficara- e la sua attenzione sembra essere rivolta “ai concetti primi, alla visione della struttura del mondo”. E’ come se il poeta guardasse ora a sentimenti, ricordi, esperienze, oggetti della realtà con lucido e al contempo sofferto distacco, perché “La memoria è in fondo/inaffidabile,imperfetta tutta/caverne e trappole” . L’attenzione di Cucchi è rivolta alla materia con cui è plasmato ogni essere vivente, ogni oggetto inanimato e c’è desiderio di indagare sulle leggi fisiche che governano il mondo, alla ricerca di una risposta, forse impossibile, al perché dell’esistenza. Una risposta che tarda a venire anche quando si è giunti in quel punto in cui tutto si annulla, “sull’orlo del Maelström,/all’orizzonte degli eventi”. In ciascuna delle sette sezioni di questa raccolta, si avverte il desiderio del poeta, attraverso riflessioni personali e sulla base delle proprie esperienze, di avvicinarsi alle sia pur mutevoli verità della scienza, cercare di cogliere l’essenza del divenire, dello scorrere indistinto delle cose nel tempo. Ma gli oggetti che ci circondano, materia anch’essi, che fanno parte di noi, della nostra vita, quasi a mantenere viva la nostra memoria anche “ dopo di noi ,sono cambiati, sono cambiato io”, recitano alcuni straordinari versi. Quegli oggetti che “costavano fatica, sangue, soldi” e che “tramandavano affetti e memorie” sono ridotti a “oggetto avvilito,/non ha più da noi il suo nome,/né senso di terra e di cuore”. E’ necessario, allora, liberarsi dal fardello del superfluo che ci circonda e ci soffoca , “perchè l’eccesso… distrae,/rende discreto, occasionale,/il tuo attrito vivo con le cose/ e ti sottrae così vita, valore”. Così il poeta, l’uomo, ogni uomo puòalla fine riuscire a riscoprire la propria interiorità, ritrovare un rapporto autentico con se stesso ,con gli altri , con la realtà che lo circonda, che sembra essere l’unica, tangibile , incontestabile verità.