Ho conosciuto Maurizio Cucchi soprattutto attraverso le sue numerose raccolte di poesia, prima di avere il piacere di incontrarlo di persona ad un interessante corso da lui tenuto alla Casa della Cultura di Milano sulla poesia del Novecento e contemporanea di cui proprio in questo periodo si sta svolgendo l’ultimo ciclo di lezioni. Sono una sua lettrice affezionata: mi piace quel suo osservare, esplorare la realtà nel dettaglio, la ricerca di un continuo attrito con le cose, gli oggetti, la materia di cui è composto tutto ciò che rientra nella nostra esperienza, che è poi la sostanza di noi stessi. Tratto da L’ORDINE del 22/02/2011.
Apprezzo il filtro ironico e amaro della sua scrittura, lo sguardo disincantato con cui osserva il mondo; la capacità, che è solo dei grandi poeti e romanzieri, di liberare quello sguardo dall’autobiografismo, arricchendo e ampliando in tal modo l’universo del lettore, permettendo a quest’ultimo di “includere nella propria coscienza nuovi modi di essere accanto a quelli consueti”, come afferma Tzvetan Todorov.Ho letto anche i suoi romanzi, “Il male è nelle cose”, “La traversata di Milano”. La sua “vocazione” per la prosa è evidente. E ritengo che in questo suo ultimo romanzo, “La maschera ritratto”, da pochi giorni pubblicato da Mondadori e in parte ambientato sul nostro territorio, questa naturale inclinazione abbia raggiunto una felice compiutezza.“La tentazione della prosa” ha del resto catturato anche di Vittorio Sereni, che affermava tuttavia di scrivere in prosa ciòche non riusciva a scrivere in poesia.Il romanzo di Cucchi è un viaggio del protagonista alla ricerca delle proprie radici, di un passato che è poi ciòche dà senso alla nostra esistenza, perché il futuro, verso il quale “scorre il fiume del tempo cosmico o i fiumi mortali delle nostre vite”, come poeticamente ha osservato Jorg Luis Borges, non ci è concesso di conoscere e il presente è già passato nel momento in cui lo viviamo. Il tentativo di ripercorrere a ritroso a freccia del tempo terrestre ed effimero in un viaggio tra luoghi e paesaggi reali, molti noti anche a noi, alla ricerca di personaggi che sappiamo legati indissolubilmente alla nostra storia personale , ma avvolti in un alone di tragico e doloroso mistero, diventa un percorso ideale e interiore alla ricerca della propria identità. Questo viscerale desiderio di scavare in profondità per arrivare alle radici della storia personale, che a un certo punto dell’esistenza si fa così forte da non poter più essere procrastinato, è avvertito dal protagonista in modo intenso perché si lega intimamente all’esperienza dolorosa che ha segnato la vita della madre. Tina è una donna che dietro il velo di apparente allegria nasconde un passato drammatico: un padre scomparso , fuggito lontano dalla famiglia quando lei era ancora bambina, il marito che si toglie la vita per ragioni mai del tutto chiarite, lasciando una voragine di dolore e di solitudine nella vita di lei e del figlio.La periferia a nord di Milano, le brughiere e i colli della Brianza, i boschi amati e odiati attorno a Uggiate, al confine con il territorio ticinese, vissuti dal protagonista quando era bambino, negli anni Cinquanta, come uno spazio magico sono trasfigurati dal dolore in una dimensione dai contorni sfumati, trascolorati nella memoria. Fino al punto di non riconoscerli quasi più, se non attraverso la descrizione fatta da persone che in quei luoghi vivono da sempre e che hanno conosciuto la madre e il padre di lui. Perché là tutto è cambiato, come anche noi cambiamo, fuori e dentro, col tempo.I paesaggi della Sicilia, Catania e suoi dintorni, sono molto diversi da Milano dove il protagonista vive. In questa diversa realtà geografica, che diventa dimensione spazio-temporale della memoria, si reca per rintracciare qualche informazione sulla figura misteriosa del nonno paterno. Quei luoghi fanno da sfondo ad una inquietudine crescente, la sensazione che stia per accadere qualcosa che, come scrive l’autore, potrà dare “un nuovo corso alla mia vita, come se potessi sentirmi un altro, e liberami del solito io che mi imprigiona”, gettando via alla fine la maschera ritratto che tutti indossiamo. E come osserva Cucchi “le sorprese certe volte sono vitali, ti aprono una nuova via. O addirittura ti regalano una nuova identità. Diventi un altro un’alta persona. Tutto questo puònon piacere, in un primo tempo. Ma in seguito, se ci pensi bene, tutto questo ti fa quasi rinascere”.