Ho appena terminato di leggere il libro di poesie “Ladro di minuzie” (Edizioni Casagrande, 2010) del ticinese Alberto Nessi. È un’antologia che raccoglie versi scelti delle precedenti sillogi e alcuni inediti, dal 1969 al 2009. Sono uscite in occasione del settantesimo compleanno dell’autore. Tratto da L’ORDINE del 29/12/2010.
Poesie che narrano la vita di ogni giorno, perché, come affermava Attilio Bertolucci, è dal “minimo di realtà visibile quotidiana” che il poeta esprime il “massimo di realtà profonda”. Ed è proprio ciòche Nessi riesce a offrirci con i suoi versi. Il titolo stesso del volume è significativo: l’occhio attento e la sensibilità acuta del poeta colgono situazioni, momenti, voci, storie dell’ambiente e della gente intorno a lui. Cronaca di luoghi e di esistenze che nel linguaggio poetico perdono la dimensione effimera dell’immanenza, diventano testimonianze di un’epoca, raccontano il divenire e il mutare che il tempo inesorabilmente impone agli esseri viventi e alle cose. E noi, che viviamo in una terra di confine, a una manciata di chilometri dalla Svizzera; noi che conosciamo e abbiamo esperienza diretta di natura, luoghi, persone e situazioni di quel paese, apprezziamo con maggiore intensità questa narrazione lirica che consegna alla memoria quarant’anni di storia lariana e ticinese. Così, ad esempio, nella poesia “Luci d’inverno”, il fluire dei ricordi del poeta tra infanzia e adolescenza ci riporta alle vicende degli spalloni nell’immediato dopoguerra; personaggi altrimenti dimenticati come i loro antichi mestieri, il mugnaio e sua sorella, il taglialegna, esistenze umili e anonime, la vecchia donna nel cortile, la moglie del pensionato rivivono, fissati in immagini nitide sulla tela del tempo presente. E poi i luoghi, i paesaggi che cambiano come tutto cambia intorno a noi, anche se non vogliamo, “le cose che non lasciano in pace”, quelle che “tagliano, che feriscon/le cose che cinguettano e luccicano (…) le cose vive”. Se è ragionevole ricondurre per certi aspetti la poesia di Nessi ad una corrente, anche se ritengo che tali schematizzazioni possano essere utili solo a livello generale, poiché è comunque necessario poi capire ciòche di nuovo e originale un poeta ha da comunicarci, penserei alla “ linea lombarda”. Per l’amore nei confronti della quotidianità, la semplicità dei personaggi, l’umiltà dei gesti, desiderio di concretezza e scelta di un linguaggio che attinge al registro colloquiale e si arricchisce di forza lirica nei versi di questo autore. E se ogni raccolta di poesie dovrebbe essere letta come un racconto o un romanzo, come ha affermato il poeta Mario Santagostini, questo vale in particolare per l’opera di Alberto Nessi. Maurizio Cucchi ha definito “racconto lirico” la sua poesia, dove scrupolosa attenzione al dato reale, limpidezza, chiarezza, capacità di “far coincidere il respiro narrativo (…) con la tensione lirica” non cedono mai, mantenendo in continuazione un’ “interna spinta verticale”. Leggendo le poesie di Nessi, d’istinto penso a Vittorio Sereni, alla raccolta “Gli strumenti umani”, per quel raro talento che alcuni poeti hanno di indicare allo sguardo distratto di noi tutti che il senso delle cose deve essere cercato in ciòche sta intorno a noi, nell’apparente banalità del quotidiano. Nessi è un poeta che meriterebbe maggiore attenzione da parte dei lettori anche in Italia e soprattutto, per ragioni di contiguità geografica e culturale, dai lettori lariani. In Svizzera la poesia è letta e amata, molto più che nostro Paese. Si organizzano festival a cui partecipa un folto pubblico, i maggiori esponenti della poesia sono conosciuti e tenuti in grande considerazione dalle autorità locali. Forse per storica difesa della propria identità culturale e per spiccata sensibilità alle varie manifestazioni artistiche. Mi piacerebbe che anche da noi la poesia avesse la stessa attenzione.