Non basta la cosiddetta ispirazione per scrivere poesie . E’ necessaria anche la tecnica, come per ogni artista. E questo vale anche per i lettori che vogliano avvicinarsi con “orecchio critico” alla poesia.
Tratto da L’ORDINE del 29/08/2010
Anche quest’anno Parolario ha dedicato del “tempo” alla poesia, tanto per rimanere in argomento con il tema che lega i vari eventi del Festival comasco. Poco tempo, per la verità. Peccato. Perché la poesia oggi, contrariamente a quanto con eccessivo pessimismo lamentano molti addetti ai lavori, cioè i poeti, esternando il loro sconforto su quotidiani, riviste specializzate, ecc, “gode di ottima salute”, come ha evidenziato l’editore Nicola Crocetti in un articolo su Il Giornale di qualche settimana fa. E quanto sia vero il detto che “gli italiani sono un popolo di poeti” è testimoniato dalle centinaia di siti e blog dedicati alla poesia, che crescono negli ultimi anni in modo esponenziale e sui quali gli aspiranti poeti, con un pizzico di narcisismo, pubblicano i loro versi perché vengano letti e commentati dagli utenti della rete. Non solo: numerosissimi sono anche i premi letterari che dedicano sempre più spazio alla poesia (sezione poesia femminile, sezione giovani, bambini,ecc.) e ai quali partecipano un numero sempre maggiore di persone. Dai più famosi, come il Premio Mario Luzi, il Lerici PEA, il Premio Lorenzo Montano, il Premio Laurentum, tanto per citarne alcuni, a quelli meno noti. Ne abbiamo anche uno tutto lariano. Da quest’anno infatti il Festival letterario Antonio Fogazzaro che si svolge nei mesi di giugno e luglio tra alcuni comuni dell’alto Lario, Tremezzina e Val Solda, ha istituito anche un premio per la poesia. Interessante è poi il fenomeno dei concorsi on line: il Premio Laurentum è in questo davvero all’avanguardia. Giunto alla ventiquattresima edizione, ha da qualche anno aperto alcune sezioni che rivestono particolare interesse per quello che potrebbe essere uno degli sviluppi futuri del linguaggio poetico: oltre al premio on line, quello riservato agli SMS, giunto alla sua terza edizione e il premio Social Network, al suo secondo anno di vita e legato al “fan club” che ha aperto su Facebook. Un universo, quello del mondo dei social network “letterari”, tutto ancora da esplorare e certamente ricco di spunti per il futuro della poesia ( e della prosa) sia in termini di contenuti che di sperimentazione di nuovi linguaggi. Ma , se gli italiani sono quasi tutti poeti, purtroppo siamo agli ultimi posti nelle classifiche europee per quanto riguarda la lettura, soprattutto di libri di poesia. E dato che la poesia è un’arte, è , secondo la definizione di Paul Valere, “l’arte del linguaggio”, il poeta , ha bisogno di un valido supporto “tecnico” perché la scintilla creativa si traduca in vera opera artistica. Leggere i poeti del passato e soprattutto i moderni e contemporanei significa educare il nostro orecchio al ritmo, alla musica del verso, acquisire e padroneggiare il linguaggio sino a disporre le parole sul foglio come il musicista dispone le note sullo spartito. Il grande poeta contemporaneo Andrea Zanzotto ha scritto “che cos’è la poesia se non un insieme di echi, di voci che restano nell’aria o in noi? E noi, quasi senza accorgercene, le ripetiamo. Ma ripetendole con la nostra voce, in qualche modo le cambiamo”. Essere poeta richiede una particolare sensibilità e la capacità di cogliere il ritmo, il suono, la musica delle parole, e l’arte della poesia è molto difficile, perché, come ha scritto Antonio Porta “è condizionata dalla storia della poesia che un poeta deve superare per poter dire e fare cose nuove”. E’ dunque importante che i poeti della nuova generazione siano in grado di dire e fare cose nuove anche attingendo ai linguaggi scientifici, della matematica, della fisica, della chimica, della biologia e ai nuovi linguaggi dell’informatica. Già circa una trentina d’anni fa, Zanzotto scriveva che “la creatività della scienza (…) spesso si giova della fantasia e ha qualcosa di simile all’inventiva della poesia. In ogni caso le scienze umane- antropologia, linguistica, psicoanalisi – hanno arricchito la spinta interna della creatività poetica . C’è stata una specie di donazione tra ambito scientifico e ambito letterario”. Penso a un grande poeta contemporaneo, nato a Erba: Giampiero Neri, che in gioventù studiòall’università scienze naturali. Già in molte delle sue poesie, nella lucida osservazione del mondo vegetale e animale, è presente questa “donazione”. Dunque sembra proprio questa la strada da seguire. Il linguaggio scientifico è ricco di parole traboccanti di significati metaforici: pensiamo solo a certe definizioni della fisica e in particolare della fisica teorica, come “big bang”, “orizzonte degli eventi”, “buco nero”, “universi paralleli”, “forze deboli”, “vento solare”, “linee di forza” . O ad alcune , poetiche definizioni della matematica:”teorema spettrale”, “treno degli impulsi”, “potenza del continuo”, “topologia debole stella”. Sono definizione cariche di grande potenza espressiva e rappresentativa che sostituiscono immagini visive a complesse spiegazioni. Le metafore hanno grande importanza, dunque nei linguaggi scientifici. Lo stesso è per il linguaggio poetico. Sintetizzano “in una breve espressione il significato profondo di un problema “, come afferma Salvatore Califano, che è stato docente di chimica in varie università italiane e visiting professor in università straniere. Ed è quello che fa il linguaggio poetico, dato che trasmette qualcosa che va al di là della semplice comunicazione. Per quanto riguarda lo “stile”, già negli ultimi decenni, c’è stata una forte tendenza ad avvicinarsi alla prosa. Già da tempo dunque la lezione dei Petits Poèmes en prose di Baudelaire è dunque stata recepita. Come scrive Andrea Cortellessa sul volume “Prosa in prosa”, Ed. Le Lettere, “la prosa come forma del limite è stata una delle poche vie di fuga che abbiano consentito alla nostra scrittura poetica di non chiudersi nel repertorio di se stessa”. E gli autori del volume sopra citato Andrea Inglese, Gherardo Bortolotti, Alessandro Brogli, Marco Giovenale, Michele Zaffarano, Andrea Raos, poeti che appartengono alla generazione dei trenta –quarantenni, hanno “isolato”, tentando un esperimento appunto “al limite” tra poesia e prosa, gli oggetti della realtà inquadrandoli come con l’obiettivo della videocamera o della macchina fotografica. E nel testo sono continui “i riferimenti all’universo dei media visivi, dalla fotografia allo schermo del computer”. Dunque, inesplorati e interessanti orizzonti si aprono alla poesia e ai poeti, soprattutto a quelli delle nuove generazioni. Basta rimboccarsi le maniche, abbandonare stereotipi e lirismi troppo ingannevolmente protettivi per esplorare e descrivere la frammentata, poliedrica realtà che ci circonda. E soprattutto leggere, tanto.