La poesia è di Eugenio Montale; tratta dagli Xenia è dedicata alla moglie Drusilla, morta quasi cieca. Tratto da L’ORDINE del 06/06/2009
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
E ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Il dolore privato esplode nella potenza dei versi, ricordando una verità universale, già chiara alla cultura greca, che attribuiva a poeti e profeti, basti pensare ad Omero e Tiresia, la forza straordinaria di vedere ben oltre la mera realtà fenomenica. Chi è privato del dono della vista sviluppa una sensibilità fuori dall’ordinario, acuisce ed affina gli altri sensi, fino ad avvertire ciòche – chi vede – non riesce a cogliere in profondità. Cecità come metafora di una conoscenza che va oltre l’esperienza sensibile, giungendo alla verità per altre strade. Perché al buio, che oscura la vista e per noi vedenti la vita stessa, si contrappone la luce che rischiara la mente ed il cuore, donando la capacità di cogliere ogni sfumatura nascosta di voci, suoni, rumori, profumi ed odori, dei sapori e della consistenza degli oggetti.
Non solo: c’è nella maggior parte delle persone non vedenti una forza interiore che le spinge XXX a dedicarsi con passione e determinazione ad attività sportive, ad interessarsi ai diversi ambiti della cultura in modo approfondito, con l’entusiasmo di chi sa che ogni ostacolo superato è una vera conquista e non dà nulla per scontato. E anche l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Como, trecento iscritti, è fucina di idee e di iniziative; e di entusiasmo per il vivere, perché, le parole del presidente Mario Mazzoleni interpretano il pensiero di quanti sono nelle sue condizioni, “il nostro non è un mondo triste, come si crede; c’è anzi una forte spinta ad allargare le proprie conoscenze, a vivere ogni esperienza possibile”. Come quella di vedere una mostra di sculture. Sì, perché “Love at first touch” dell’artista altoatesino Gherard Demetz, inaugurata ieri all’ex Chiesa di San Francesco (grazie all’associazione Iubilantes e al Lyons Club di Monticello e curata da Cecilia Antolini). Propone sculture composte da tasselli di legno e un percorso tattile che permette ai non vedenti di vivere i passaggi di realizzazione delle opere, fino ad arrivare a vederle con il tatto: un piccolo esercito di statue di fanciulli, alcune a grandezza naturale, ma che nulla trasmettono della spensieratezza e della lieve serenità che associamo all’infanzia. Sembrano “vecchi bambini”, i volti mai sorridenti, le espressioni prive di innocenza che trasmettono inquietudine. Aspetto esasperato in alcune statue con i volti di personaggi che hanno segnato la storia del XX secolo: Hitler, Mao, J.F. Kennedy.
La tecnica usata dall’artista gioca un ruolo fondamentale nella composizione delle opere rendendole fruibili anche ad un pubblico di non vedenti. Il senso non si esaurisce infatti in ciòche viene colto dalla vista, c’è un significato recondito, che puòsfuggire all’immediatezza del solo “vedere una bella opera d’arte”. Il senso profondo dell’opera d’arte deve essere colto sia che la si osservi, sia che la si tocchi. Entra in gioco la dimensione del tempo, che per i non vedenti si dilata, ed attraverso una percezione tattile “frammentata” colgono a fondo il particolare, per poi ricostruire nella mente la visione d’insieme dell’opera stessa. E’ dunque un percepire il senso più profondo del lavoro di un artista, mentre l’immediatezza che offre la vista rischia a volte di appiattire il significato del messaggio che l’artista vuole trasmettere.
C’è poi il linguaggio della musica, capito da chi non vede in tutta la sua potenza comunicativa. Ecco allora il concerto “Musica nel buio” che si terrà martedì 9 giugno all’Opera Don Guanella con la musica dei “Chennesò(Modificabile)”, gruppo composto da studenti liceali, impegnati sul piano sociale. Suoneranno nella più completa oscurità, per far comprendere come la musica possa comunicare tante e profonde emozioni a chi non vede e come si possano “dimenticare le immagini per vedere il colore del suono”. Lo scorso dicembre a Rebbio è stata dedicata una piazza a Louis Braille, ideatore dell’omonimo alfabeto dedicato ai ciechi, “un luogo simbolico, fortemente voluto dalla nostra sede Provinciale”. Ci auguriamo che questo sia uno dei tanti segnali di attenzione verso chi ha “vere pupille, sebbene tanto offuscate”ed è capace dunque di cogliere sfumature della nostra realtà che noi, che possiamo vedere “ogni cosa illuminata”, non siamo in grado di percepire.