Ecco tre esempi eccellenti di quel che il nostro lungolago dovrebbe essere: Vassivière, Bregenz e Lugano. Viaggio nelle strade possibili per il cambiamento, viaggio nel sogno.
Provate a chiudere gli occhi e ad immaginarvi il nostro martoriato lungolago colorato da aiuole fiorite, panchine in ferro battuto, lampioni che illuminano il cammino di chi vuole ammirare il paesaggio verso sera, giochi di luce proiettati sugli edifici, un’area giochi per i bambini, perfino una pista ciclabile. Ora immaginatevi Piazza Cavour ripensata come luogo di incontro e di scambio, zona dove poter organizzare eventi culturali. Date sfogo alla fantasia: l’Hotel Barchetta e il Metropole Suisse trasformati in centri polifunzionali dove viva e pulsi ogni forma d’arte, mostre temporanee, performances, sale da concerto e teatrali, ludoteche e bar ristoranti dove sostare dopo la visita di una mostra o dopo aver assistito a uno spettacolo. Osate addirittura pensare a una piattaforma galleggiante sull’acqua unita alla terraferma da un pontile sulla quale organizzare d’estate, per esempio,un festival di musica . Fantascienza, direte. Niente affatto. Sono realtà che esistono ed esistono proprio in città che per dimensioni e posizione geografica sono molto simili a Como: piccole e affacciate sul lago. Sono Lugano, così vicina a noi per quanto riguarda la distanza in chilometri eppure tanto lontana se consideriamo l’ordine, la pulizia delle strade, la gestione del patrimonio culturale; Bregenz cittadina dell’Austria occidentale adagiata sulle rive del Lago di Costanza al confine con la Svizzera e la Geramania; Vassivierè, a un’ora di macchina da Limoges, una vera e propria isola che emerge da uno dei più grandi bacini artificiali della Francia. Tre esempi virtuosi che hanno fatto del connubio paesaggio e arte l’elemento propulsore del loro armonico sviluppo economico. Tre centri d’arte contemporanea tra i più prestigiosi al mondo dove l’industria turistica è fiorente. Ne hanno parlato venerdì 4 novembre tre esperti del settore al quattordicesimo incontro del ciclo di conferenze intitolate La Kunsthalle più bella del mondo organizzate a Villa Sucota dalla Fondazione Antonio Ratti. Marco Franciolli , Direttore Museo Cantonale d’Arte di Lugano, Rudolf Sagmeister , Curatore di Kunsthaus Bregenz e Fédéric Legros Assistente Curatore del Centre international d’art et du paysage de Vassivière hanno dimostrato come una gestione intelligente e mirata della cultura possa fare di località di piccole dimensioni dei modelli virtuosi, centri d’arte contemporanea tra i più prestigiosi al mondo. Il primo esempio è quello di Lugano. Il Museo Cantonale d’Arte e il Museo d’Arte sono ambedue sotto la direzione di Franciolli. Il primo è nato nel 1987, raccoglie opere del XIX e XX che compongono la collezione permanente proveniente dal patrimonio artistico del Canton Ticino, donazioni di altri musei svizzeri e di privati (per esempio, circa duecento opere di arte contemporanea donate agli inizi degli anni ‘90 dal conte Giuseppe Panza di Biumo). E continue sono le acquisizioni, per documentare in modo sempre più ampio la storia dell’arte dall’Ottocento sino ai giorni nostri in relazione al territorio ticinese dove “il paesaggio ha segnato molto il rapporto tra natura e arte”, punto d’incontro tra nord e sud d’Europa, “snodo e crogiuolo di elementi culturali”, come ha affermato il Direttore del Museo. Il Museo Cantonale punta “sullo sviluppo del patrimonio artistico, sulla diffusione della cultura artistica e sul confronto internazionale”, promuovendo e dando visibilità sia negli altri cantoni della Svizzera che oltreconfine a giovani artisti ticinesi grazie, per esempio, alla rassegna “Che c’è di nuovo?” che ha cadenza triennale ed è finanziata da “Percento culturale Migros”. Il Museo d’Arte di Lugano, che ha sede nella Villa Malpensata, offre uno spazio agevole che permette la presentazione di mostre in tempi rapidi e quindi di poter ospitare alcuni degli artisti contemporanei più importanti. Un patrimonio artistico, quello dei due musei, che conta attualmente undicimila opere. E quanto la politica ticinese creda nell’investimento nel settore culturale è dimostrato dal grandioso Polo Culturale denominato LAC (Lugano Arte e Cultura). Progettato dall’architetto svizzero Ivano Gianola, sorgerà sulle sponde del lago, nell’ex Albergo Palace accanto alla chiesa di Santa Maria degli Angeli. “Una struttura razionale, funzionale, neutra negli elementi interni” come l’ha definita Franciolli, realizzata grazie ad una dimensione “poetica” con cui l’architetto Gianola ha concepito gli spazi, l’illuminazione, i colori in modo che si inserisca armoniosamente nel paesaggio. Un centro polifunzionale che farà vivere la cultura in ogni sua manifestazione, dalle arti visive alla musica al teatro. Bregenz, famosa per il Festival musicale che ogni anno si tiene su una piattaforma galleggiante sul lago, vanta di una Kunsthaus costruita dall’architetto svizzero Peter Zumthor e concepita come opera d’arte totale: arti figurative, architettura , design sembrano fondersi in un contesto che è tutt’uno con li paesaggio circostante. C’è anche il Kub- Café, dove i visitatori al termine di una visita guidata si scambiano impressioni sulla mostra. Collezioni di opere di artisti del calibro di Erwin Wurm e Franz West mostre temporanee che vantano opere di Maurizio Cattelan, Carsten Höler e Richard Serra fanno della Kunsthaus Bregenz uno dei musei più importanti per la diffusione dell’arte arte contemporanea . Infine Vassivière, isola che si erge dalle acque del lago artificiale da cui prende il nome, circondato da un grande parco, vanta di un Centro Internazionale per l’Arte e il Paesaggio, la prima opera realizzata in Francia da Aldo Rossi. Una struttura che ospita mostre temporanee di artisti contemporanei e che si inserisce totalmente in un contesto dove la natura regna sovrana: sculture di legno abbelliscono il parco, sentieri tra i boschi, sport d’acqua e il progetto di una pista da skate board per gli appassionati. Investire nella cultura significa anche tutelare il paesaggio e l’ambiente. Queste sono tre realtà. Per quanto tempo i comaschi dovranno ancora pensare che tutto questo è per la loro città un’utopia? (Tratto da L’Ordine di martedì 8/11/2011).