Creatività, originalità, forza espressiva sono tratti caratteristici della scrittura femminile contemporanea in Italia. La donna nella società odierna sembra stia recuperando in modo creativo e totale il terreno perso in secoli di diritti calpestati e negati. Tratto da L’ORDINE del 4/01/2011
E questo avviene in ambiti diversi , non ultimo, appunto quello della scrittura.In particolare per quanto riguarda la poesia, sono tante le donne che sembrano avere trovato nel linguaggio poetico un modo per esprimere il bisogno di introspezione, il desiderio di esplorare una realtà frammentata, interpretarla e raffigurarla “in a different voice”, come in modo aforistico recita il titolo di un interessante libro sulla condizione femminile della psicologa statunitense Carol Gilligan.E non è un caso, ad esempio, che nell’Almanacco dello specchio 2009 (Mondadori) ampio spazio sia dato ad un’antologia di dodici poetesse contemporanee.Molte sono le giovani (e meno giovani) esordienti con raccolte di poesie che esprimono, oltre alla sensibilità tutta femminile di avvertire il senso di vuoto che spesso accompagna la nostra vita, il bisogno forse inconscio di ribadire la propria identità di genere e allo stesso tempo farsi interpreti della sottile inquietudine che accompagna le nostre esistenze, di affrontare problematiche e navigare verso orizzonti che appartengono ad ognuno di noi, uomo o donna che sia.E’ difficile, forse impossibile radunare tante voci in una o in varie correnti. Come del resto è difficile per la poesia contemporanea fare delle classificazioni, che apparirebbero forse riduttive dell’opera di autori che si trovano a testimoniare un’epoca dove senso di precarietà, vuoto di valori, solitudine sono i tratti distintivi. Veronica Fallini con il libro d’esordio “Umane cose” (LietoColle Edizioni, 2010) , ci offre un esempio di questo fermento della produzione poetica femminile. Anche in territorio lariano, dato che l’autrice è di Erba e collabora con il quotidiano “La Provincia”. Le sue poesie sono intense meditazioni liriche che nulla concedono a scontati sentimentalismi.Il percorso difficile, spesso doloroso dell’ esistenza è tracciato sulla pagina con un “stile asciutto di impronta classica”, come scrive nella prefazione Giampiero Neri. Asciuttezza e rigore che rendono intense, quasi folgoranti le immagini che queste liriche, in modo spesso epigrammatico, trasmettono alla mente del lettore.L’autrice sembra muoversi in una dimensione dove la soglia tra realtà e sogno sembra sfumare.C’è una sorta di dolorosa presa di coscienza, un’amara rassegnazione nell’accettare la propria solitudine, “La mia casa è una notte dentro il giorno/prolungamento del suono/di un canone opposto/ al mercato degli uomini” che è forse il male più grande dell’epoca nostra, come l’autrice sembra cogliere in molti dei suoi versi “il disincanto /con cui mastichi il mondo è solo il riverbero/di un gioco troppo complicato”. E si avverte una sorta di sfiducia desolata, un sentirsi lontana, a tratti, da una realtà alienante per sé come per gli altri “Certi uomini al mattino hanno musi di gatto/forse/per la stanchezza di guardarsi”, “Ho piegato bene la mia vita/e l’ho chiusa in un cassetto”. Così il sogno, parola che più volte ritorna nelle poesie dell’autrice, sembra essere unico appiglio, approdo, sia pur evanescente, per sfuggire uragani del cuore, tempeste dell’anima che solo con sensibilità del poeta sa avvertire in tutta la loro intensità “Come sto non chiederlo a me/ma ai miei sogni/ che sono finestre, ai pavimenti/sulla superficie opaca di ma stessa”.