Un libro che narra la storia di milleottantanove uomini che ufficialmente parteciparono alla spedizione del Mille. Un volume frutto di ricerche attente e costanti durate circa trent’anni, tra biblioteche, archivi,documenti e informazioni raccolte direttamente nei luoghi dove quei combattenti hanno vissuto. Racconta anche le vicende di sessantaquattro Garibaldini che, partiti da Quarto e sbarcati a Talamone, non furono riportati nell’elenco ufficiale dove compaiono tutti gli “eroi che con i loro valori e ideali, posero le basi per un’Italia libera dall’oppressione”, come si legge nella premessa di I miei Milleottantanove di Arduino Francescucci e Vincenzo Amore, Edizioni Mattioli1885 Comunicazione. Tratto da L’ORDINE del 22/04/2010
Gli esclusi dall’elenco, sotto la guida del colonnello Callimaco Zambianchi, presero parte alla cosiddetta “diversione”, (mentre Garibaldi faceva rotta verso Marsala) nel tentativo di liberare l’Umbria e le Marche. Fu in realtà una scaramuccia con le truppe dello Stato Pontificio. Furono sconfitti a Grotte di Castro, nei dintorni di Grosseto, imbarcati di nuovo verso Quarto e da là rispediti in Sicilia dove, nel frattempo, Garibaldi era sbarcato con il resto dell’esercito.”Tutta la spedizione dei Mille è avvolta in un alone di leggenda, ma soprattutto lo è quella parte che va dall’imbarco di Quarto alla presa di Palermo. Una schiera di 1089 uomini, mal equipaggiati, armati ancor peggio, privi d’artiglieria, costrinse alla resa un esercito di oltre 20.000 uomini ben armati , appoggiato a buone fortezze, sostenuto da una flotta potente” si legge nei cenni storici riportati nel primo volume del libro.Oltre a ricostruire la storia dei sessantaquattro illustri sconosciuti, gli autori ci offrono la biografia dei tanti comaschi che presero parte alla leggendaria impresa.”Gran parte di coloro che parteciparono alla spedizione provenivano dal nord dell’Italia, e in particolare da province della odierna Lombardia. Molti di loro erano persone istruite. Nell’elenco ufficiale sono riportati nomi, data e luogo di nascita, professione delle Camicie Rosse che combatterono agli ordini di Garibaldi” afferma Arduino Francescucci.Erano ventidue dalla provincia di Como, che, istituita nel 1859 dalla Legge Rattazzi, allora comprendeva anche il territorio di Lecco; nove da quella di Varese , area anch’essa inclusa nella nostra provincia.Le storie di alcuni di questi comaschi testimoniano un reale spirito patriottico. Per esempio, quella di Tranquillo Baruffaldi, nato a Barzio nel 1839, che a dispetto del nome, nonostante la famiglia volesse indirizzarlo agli studi ecclesiastici, a diciannove anni fuggì dal Seminario di Milano dove studiava e si arruolòcon altri due compagni nei Cacciatori delle Alpi, partecipando, nel 1859, alla prima campagna. E, dopo un breve rientro a Milano e poi a Pavia per studiare legge, non resistette alla tentazione di tornare a combattere sotto gli ordini di Garibaldi, si imbarcòil 5 maggio del 1860 verso Quarto e”compì valorosamente il proprio dovere fino al Volturno, sin quando l’esercito garibaldino fu sciolto”, come si legge nella biografia curata dagli autori. Di coraggio, Tranquillo Baruffali ne aveva in effetti da vendere , visto che , ferito a Palermo, volle continuare a combattere e a seguire la spedizione, riuscendo anche, nella battaglia di Reggio Calabria , sotto il comando di Nino Bixio, a tener testa con pochi compagni alle truppe borboniche. Fu così insignito della Medaglia al Valor Militare e promosso da Bixio sul campo Tenente per merito di guerra. Nel 1862, dopo la dichiarazione di guerra dell’esercito regio ai garibaldini, fu dichiarato disertore dell’esercito regolare. Non aveva infatti prestato servizio con la leva del 1839, che era stata richiamata alle armi mentre lui, ignaro, stava combattendo in Sicilia. Così fu degradato a soldato semplice, ma alla fine della guerra l’amnistia gli condonòla denuncia per diserzione. Una volta tornato alla vita civile, conseguì la laurea di Regio Notaro e fu nominato consigliere comunale e provinciale.Anche il diciottenne Giacomo Bonanomi di Como, classe 1842, abbandonògli studi universitari per arruolarsi nell’esercito garibaldino. Anche lui si distinse per valore e coraggio . Al termine della campagna, tornato nella città natale, esercitòla professione di notaio e “si mantenne sempre, durante la vita, fedele ai suoi principi democratici”. Fu, tra le molte cariche pubbliche che ricoprì, consigliere comunale e dell’Ospedale, presidente del Comitato per l’erezione del monumento a Garibaldi della nostra città e alla sua morte, come si legge da articoli di giornali locali dell’epoca riportati nel libro, venne ricordato per “la bontà di carattere, l’esempio, la guida” e descritto come uomo di saldi principi democratici, non incline a ad alcun genere di facili compromessi.Bartolomeo Cattaneo, nato a Gravedona nel 1847, partì da Quarto insieme ai Mille a soli tredici anni, uno dei tanti “giovinetti imberbi” che facevano parte di quella “turba disordinata in cui vecchi e ragazzi, studenti ne professori, gente vissuta negli agi ed altra negli stenti della vita, si dirigevano in quel tardo pomeriggio fuor di Porta Pila, in una strana varietà di vesti, di età, di linguaggi” scrivono gli autori citando C. Agrati, I Mille nella storia e nella leggenda(Mondatori). Il giovanissimo soldato è passato alla storia perché, fatto prigioniero, fu inviato dal generale borbonico Ferdinado Lanza a chiedere una tregua a Garibaldi, che aveva conquistato Palermo alla fine di maggio del 1860. Diede al generale nemico la parola che si sarebbe riconsegnato, dopo aver portato l’ambasciata, nelle sue mani e così fece. “Fu uno di quegli Eroi modesti del popolo , che dopo la battaglia si ritirano nell’ombra, ma dal carattere ferreo, di una sola parola”, scrivono gli autori.Singolare anche la storia di Rinaldo Arconti, classe 1841, figlio di un patriottico medico condotto di Cantù. Studente al Collegio Ghisleri di Pavia, anch’egli abbandonògli studi diciannovenne e prese parte all’impresa dei Mille, fu nominato ufficiale e ottenne due medaglie al valore. Conobbe, durante la spedizione, Tranquillo Baruffaldi che, come scrisse in una lettera pubblicata nel volume dagli autori, fu per lui come un fratello.Storie di comaschi che hanno fatto l’Italia. In un articolo tratto da La Provincia del 6 maggio 1910 e riportato nel libro, scritto in occasione del cinquantenario della partenza da Quarto si legge: ” Da Como patriottica e gentile , che tanta parte di sé diede alle guerre del Risorgimento, si aspettava ieri una manifestazione molto maggiore di affetto e riconoscenza alla memoria dei morti e dei superstiti di quel poema epico che fu la campagna 1860″. Segue un lungo elenco di circoli, associazioni, enti, cooperative che vi parteciparono e che in realtà fanno pensare esattamente il contrario di ciòche il giornalista scrive. Le cose cambiano, con il tempo mutano idee, opinioni, valori. Tutto scorre, πάντα ρει̃. Il prossimo 5 maggio saranno trascorsi centocinquant’ anni dalla data della leggendaria spedizione dei Mille, simbolo dell’Unità d’Italia. Sarà interessante vedere quale sarà la partecipazione da parete dei nostri concittadini ad eventuali manifestazioni commemorative.