Il poema nasce come opera totale, perché all’origine della civiltà, nelle società a bassa complessità, la sapienza ha carattere di unità, totalità. Nei poemi omerici non c’è distinzione tra filosofia, poesia, arte, politica, organizzazione della città. Tratto da L’ORDINE del 1/12/2010.
E come in Omero anche nella Teogonia di Esiodo o nei Veda, ad esempio, c’è questo respiro ampio, questa visione che abbraccia l’intero.Basti pensare alle saghe medioevali, alle opere di Dante, Milton , Shakespeare, Goethe.Questa ricerca di una totalità che possa ricomporre l’odierna frammentazione del sapere è presente nell’ultima fatica letteraria di Giancarlo Majorino, Viaggio nella presenza del tempo (Mondadori, 2008). Il poema è stato scritto, ripensato, rielaborato nell’arco di quarant’anni. E altra forma l’autore non avrebbe potuto dare, se non quella poematica, a questa sua “creatura”, per la durata del viaggio, il percorrere e ripercorrere con il corpo e lo spirito territori distanti tra loro, geografie di un vissuto che torna in ogni momento ad accendersi dei colori , vivaci o cupi, del presente.Impresa coraggiosa, quella di Majorino : ritrarre in un unico, grande affresco la multiforme realtà contemporanea.Poema, dunque, come ideale schema, “contenitore” di passioni, sentimenti, comportamenti, idee, esperienze di cui tutti noi siamo fatti, “agglomerati di eterogenei”, “singoli di molti”, “esseri pezzati” in quanto forgiati dai mille incontri della nostra vita, vasi comunicanti , spugne che assorbono e a loro volta rilasciano la loro essenza.Poema epico lirico, epico narrativo, epico critico, come lo ha definito l’autore. Perché solo nella varietà dei generi letterari, solo nel pluristilismo poteva trovare forma il progetto ambizioso e vasto di ritrarre la caleidoscopica età contemporanea. Majorino, nel poema, esplora la realtà ora con lucida razionalità, ora vagando in una dimensione onirica.Il tempo e lo spazio, lo “spazio tempato” sono dimensioni che si ampliano si condensano in un continuo fluire di immagini, personaggi, situazioni che si fissano, con macchie di colore più e meno grandi e intense, sulla grande tela del presente, sfrondato dei particolari che il passato a volte ingigantisce nel ricordo. Se noi siamo fatti di io-io e di altri e gli altri sono fatti di sé e di altri, ecco che Viaggio nella presenza del tempo ha dunque l’ambizione di “restituzione” di aggregati di eterogenei. In questa ottica anche il sapere assume un significato diverso da quello odierno, che oscilla tra superficialità e quasi maniacale iper specializzazione.Si puòparlare infatti, ai nostri giorni, di frammentazione dei saperi .La conoscenza sembra arroccarsi in corporazioni , i cui membri si chiudono a difendersi da quella dittatura dell’ignoranza che l’autore vede come causa e al contempo effetto della sottocultura imperante. Un circolo vizioso teso a costruire in continuazione falsi valori e miti tenuti in vita per consentire e legittimare “poteri e poterini” narcotizzando le menti , riducendo le nostre vite in “vitette”.Circolo vizioso tenuto in costante tensione anche dalla contrapposizione del “si” e del “no”, cioè dalla adesione totale , per assuefazione, abitudine, alle logiche del potere o al loro drastico rifiuto, privo di qualsiasi apertura dialettica, coraggioso e leale “misurarsi con le ragioni più alte dell’avversario” . Da ciòl’inutile e desolante chiudersi dei saperi in “fortezze nascoste”. Se ci poniamo entro l’originale prospettiva che l’autore suggerisce per osservare, esplorare la nostra complessa realtà, ecco che anche coloro che detengono il sapere, poeti, scrittori, scienziati, filosofi intellettuali in generale, non saranno più individui isolati, prigionieri della loro stessa conoscenza bensì singoli di molti. E sarà un modo per aprire finalmente la porta delle “fortezze nascoste”, dove autorevoli scrittori, eminenti artisti , che rappresentano i vertici delle corporazioni, sono anch’essi soggetti più o meno consapevolmente alle logiche e del potere.I pochi eletti prescelti da chi, all’interno delle fortezze, conta, hanno infatti possibilità di successo, anche se effimero. Non importa il valore di ciòche dicono, scrivono, fanno. L’importante è che sia di tendenza e che produca guadagno. Così molti sono coloro che, pur valendo, rimangono ai margini, sospesi nel limbo degli sconosciuti. Una rinascita culturale ed etica potrà avvenire grazie a quelle che l’autore ha definito, nel saggio La dittatura dell’ignoranza, “vie di mezzo”, ovvero “scrutatori personali sdegnati, giovani perplessi e problematici,artisti nella baraonda dei non-riconosciuti, anziani che non ne possono più”. Simili dissimili che non hanno ridotto ad un perenne letargo le loro facoltà intellettuali. Costoro, se non potranno determinare un mutamento epocale, saranno peròin grado di provocare uno “spostamento”, unica alternativa valida sia all’assuefazione incondizionata sia alla netta contrapposizione ai poteri dominanti. La dicotomia tra individualismo e massificazione, aspetti negativi e contraddittori che caratterizzano la nostra epoca e alimentano il dominio sovrano di ignoranza, volgarità, bruttezza puòessere superata da questo spostamento di saperi, generando una nuovo modo di fare cultura. Parafrasando Nietzsche, Majorino arriva ad affermare che “la morte è morta”, perché ciascuno di noi vivrà in parte delle idee, valori, dei gesti dei suoi simili-dissimili.