Pensavo di assistere ad un confronto tra due posizioni molto diverse, quella della Chiesa e quella laica, invece con mia grande sorpresa, i relatori si sono trovati d’accordo su ogni punto dei rispettivi interventi. Un procedere,insomma “a senso unico”. Mi riferisco all’incontro dal titolo “Questioni di vita e di morte”, organizzato lunedì sera a Villa Olmo, nell’ambito delle manifestazioni di Parolaio in collaborazione con A.Ge.D. Associazione Giustizia e Democrazia.Realtori “eccellenti” Giovanni Reale e Beppino Englaro, moderati da Armando Torno. Mi ha stupito, dicevo, soprattutto l’intervento del filosofo cattolico e storico della filosofia.Nel suo intervento Reale è partito dalle teorie espresse dal filosofo ermeneuta Hans-Georg Gadamer, sul libro “Dove si nasconde la salute” (Cortina, 1994). Tratto da L’ORDINE del 7/09/2011.
Gadamer delinea una riflessione sulla medicina partendo dal concetto di “prassi medica” e non da quello di scienza astratta e passiva di fronte al malato. E ricorda quanto ha scritto Platone riguardo alla figura del medico, che deve conoscere non solo la natura del corpo del paziente, ma anche la sua anima . “La salute è equilibrio tra corpo e psiche e quindi l’uomo deve curare non solo il fisico, ma anche lo spirito” ha affermato Reale. Dunque, come scrive Gadamer, il medico dovrà, nell’applicare le proprie conoscenze, tenere conto del caso di ogni singolo paziente, instaurando un rapporto basato in prevalenza sul dialogo. Il filosofo tedesco parla infatti di “arte medica” e non di “scienza medica”: solo la prima puòinfatti ripristinare ciòche è naturale. “La medicina sbaglia quando al naturale sostituisce l’artificiale. Un buon medico deve saper applicare con saggezza gli strumenti che oggi ha a disposizione” continua Reale. E citando il saggio “Storia e Destino” dello storico e saggista Aldo Schiavone ( il quale sostiene che la vita “sta diventando davvero uno stato mentale”, e che il significato autentico del nostro presente è “la totalizzazione tecnica della natura”), accenna allo scenario preoccupante che la rivoluzione scientifica e tecnologica potrebbe creare in futuro: cancellare l’esperienza della morte nei termini in cui gli esseri umani l’hanno sino ad oggi conosciuta. “L’uomo del futuro sarà un uomo post naturale e la nostra vita sarà ricostruita artificialmente”. E proprio su questo predominio della scienza e della tecnologia sulla natura che Reale riscontra “l’errore ermeneutico di essere vittime del pregiudizio creato dal paradigma scientifico- tecnologico. Se parto dal principio che tutto ciòche affermano la scienza e la tecnologia è vero” sostiene il filosofo “il paradigma culturale condiziona certe risposte”.Dunque, secondo Reale, il governo e la Chiesa , i medici stessi sarebbero vittime del paradigma scientifico tecnologico: il caso di Eluana Englaro era senza ragionevole speranza di esito positivo. Dunque l’alimentazione artificiale è da considerarsi alla stregua dell’accanimento terapeutico. Non è certo eutanasia- dice Reale – che induce la fine della vita con la somministrazione di sostanze. Ma è costrizione tecnologica che impone ciòche è artificiale al decorso naturale delle cose. “ La tecnologia è opera dell’uomo, la natura e la vita sono opera di Dio. Se lascio che la natura faccia il suo corso e rinuncio alla tecnologia è affidarsi alla volontà di Dio”. Da qui la libertà del malato o di coloro che gli sono più vicini di accettare o meno terapie insostenibili.Reale si pone in contrasto con la posizione di parte della Chiesa che confonderebbe il limite esistente tra vita e qualità della vita, dato che Eluana Englaro ha vissuto in una sorta di penosa agonia per diciassette anni. Al termine dell’incontro, due sono le semplici considerazioni che ho fatto. Il professore Reale afferma che è giusto distinguere tra “vita” e “qualità della vita”. Poi parla del tragico fenomeno dei suicidi tra gli adolescenti. Ma , paradossalmente, una persona che decide di compiere un gesto così estremo, come quello di rinunciare alla propria esistenza, credo che ritenga qualitativamente insostenibile la propria vita. Allora dovremmo accettare anche il suicidio, come libertà di scelta di ciascuno?La seconda è molto viscerale, “di pancia”, come si suol dire. Se , Dio non voglia , una cosa del genere dovesse accadere a un mio familiare, avrei il coraggio di staccare quello stramaledetto sondino? No, sono vigliacca, non ci riuscirei.