Ieri anche a Como le scuole hanno riaperto le porte a centinaia di studenti. Con i ragazzi, tornano a scuola anche i genitori. Non sui banchi, naturalmente, ma spesso in cattedra… Tratto da L’ORDINE del 13/09/2011.
… insieme a maestri e professori. Sì, perché purtroppo l’ingerenza di papà e mamme nei rapporti tra insegnanti e studenti è a volte intollerabile. Ricordo ciòche è successo anni fa ad un collega comasco, docente nello stesso istituto della nostra città dove insegnavo. Un giorno, uno dei suoi studenti, per quanto mi ricordo piuttosto arrogante e poco volonteroso, con fare strafottente si attardava nel corridoio. La campana che annunciava l’ora di lezione era suonata da un bel po’ e il professore l’aveva più volte richiamato perché entrasse in aula. Spazientito il collega lo spinge verso l’aula. Quella spinta del tutto bonaria si trasformòper il povero collega in un vero Calvario. Il padre del “bulletto” lo denunciòper lesioni. Il professore andòin depressione, anche perché un giorno mi disse che forse avrebbe dovuto vendere un appartamento che aveva acquistato da poco per far fronte alle richieste della “parte lesa”. Non so come sia finita la spiacevole faccenda, ma tra colleghi se ne parlòper mesi, e più o meno tutti ci trovammo d’accordo su una cosa: attenzione ai genitori!Certo, questo è un esempio limite, ma ben rispecchia quale sia la situazione attuale della scuola. “Cosa diranno i genitori?” è la domanda che tanti insegnanti anche nelle scuole di Como si pongono di fronte a qualsiasi decisione da prendere, dalla programmazione didattica, alle gite scolastiche, alla scelta dei libri di testo. Molti genitori pensano addirittura di poter dare consigli ai docenti riguardo a come svolgere i programmi. Per non parlare del voler sindacare riguardo alle valutazioni date dai professori alle prove scritte o orali dei loro figli.E questo accade soprattutto nei licei, anche della nostra città, dove molti ragazzi sono figli di liberi professionisti, imprenditori, ecc. Persone che hanno generalmente un elevato grado di cultura, ma non per questo competenti di didattica. Faccio un esempio: quando insegnavo mi è capitato che alcuni genitori venissero a contestarmi la diversa valutazione assegnata a due compiti in classe con lo stesso numero di errori. “Come, a mio figlio ha dato cinque, mentre alla sua compagna sei. Con lo stesso numero di errori!”. Ma, signori cari, ci sono errori ed errori. Un errore di calcolo, che puòessere attribuito a distrazione, in un compito di matematica, puòdare un risultato finale sbagliato. Se tuttavia il procedimento seguito è corretto, l’errore è meno grave dell’applicazione di una formula errata al posto di quella giusta. Oppure se un tema, per esempio, è costellato di strafalcioni grammaticali e di sintassi, pur avendo contenuti discreti, a mio avviso deve essere valutato più severamente di un tema dove i contenuti sono più deboli, ma la forma è corretta. Un ragazzo che si diploma e che si presume poi continui a studiare frequentando l’università, non puòcerto permettersi di omettere accenti o apostrofi, di confondere il congiuntivo con il condizionale.Un’altra spina nel fianco degli insegnati è il voto di condotta, che sono tenuti a giustificare ai genitori. Con l’intento di facilitare il compito ai professori, il Ministero della Pubblica Istruzione ha introdotto da qualche anno le griglie di valutazione, che si basano su tutta una serie di “descrittori” (come rispetto del regolamento, frequenza, puntualità, impegno e partecipazione) ai quali assegnare un punteggio che va da 1 a 10 e poi fare la media dei punteggi attribuiti. Se il voto di condotta è inferiore a sei decimi, si rischia la bocciatura. “Perché Tizio si è meritato 10 mentre mio figlio, che ha la stessa media, solo 8?”. Sono domande che frequentemente gli insegnanti si sentono porre, anche nelle scuole della nostra città. è ovvio che uno studente il quale ha buoni voti in tutte le materie, ma frequenza discontinua (e non certo per motivi di salute) avrà un voto di condotta minore del compagno che frequenta con regolarità le lezioni. è solo una delle tante motivazioni che i professori si trovano a dover dare a genitori indispettiti da presunte “ingiustizie” nei confronti dei loro figli.Insomma, c’è sempre un atteggiamento, tipico forse di madri e padri italiani, di difesa a spada tratta del proprio pargolo. Per carità, è vero che ci sono anche situazioni critiche che i genitori hanno tutto il diritto di segnalare ai dirigenti scolastici. Situazioni che possono veramente creare problemi al processo di apprendimento dei ragazzi. Accade quando gli studenti di una classe intera o addirittura di più classi si lamentano di un insegnante che non padroneggia con competenza la propria materia e dunque non è in grado di spiegarla con chiarezza. Oppure quando durante l’anno scolastico si ha un carosello di insegnanti per una o più materie. Ma sono casi, come si puòben capire, che coinvolgono molti studenti e non il singolo.Credo che un genitore che abbia veramente a cuore la preparazione del proprio figlio, dovrebbe pretendere dagli insegnanti competenza, autorevolezza (che non è autoritarismo) e severità; qualità che gli studenti per primi richiedono ai loro docenti, perché possano essere per loro un modello di riferimento formativo e culturale. è meglio una bocciatura motivata e accettata serenamente dallo studente che una promozione “buonista”, che non risolve, anzi acuisce problemi di ritardi o lacune nell’apprendimento.è giusto puntare su una scuola dove il merito venga premiato, abbandonando la tendenza ad appiattire tutti e tutto verso il basso. Non è più tempo, per il nostro Paese, di livellare. E per essere competitivi in ogni campo è necessario puntare tutto sull’istruzione. In fondo i nostri studenti, quando vanno a studiare in altri paesi, hanno una formazione culturale di base più ampia rispetto ai loro coetanei di altri stati. E questo grazie ai nostri insegnanti.E allora, cari genitori, non mettiamo in discussione la loro discrezionalità. Lasciamoli lavorare serenamente.