Ho amici che, dopo aver seguito corsi di formazione dell’ABIO, la Fondazione per i bambini in Ospedale, trascorrono ogni settimana almeno quattro ore all’Ospedale Sant’Anna per assistere i piccoli ricoverati ed aiutarli a sorridere, perché il diritto alla serenità dovrebbe essere inalienabile a qualsiasi età, in particola durante l’infanzia. Altri che assistono con la forza dell’amore i malati terminali. Tratto da L’ORDINE del 09/01/2010
Conosco giovani che,quando sono liberi da impegni di studio o di lavoro, invece di trovarsi con gli amici per divertirsi, servono i pasti alla mensa dei poveri; altri che d’estate trascorrono le loro vacanze in Romania, donando affetto e calore ai bambini ospitati negli orfanotrofi. Conosco studenti liceali che suonano e cantano in una band ed organizzano ogni anno un concerto al buio aperto a tutti presso la Casa dell Divina Provvidenza – Opera Don Guanella – in collaborazione con l’Unione Ciechi e Ipovedenti di Como per dimostrare solidarietà a chi non ha il dono della vista. Due amiche, provette sciatrici, trascorrono durante i mesi invernali parecchi fine settimana sulle piste da sci di varie località montane e fanno da guida agli ipovedenti. Ho amici medici che si recano regolarmente in Africa per offrire la loro competenza e professionalità presso ospedali che curano malati provenienti da villaggi sperduti nella savana. E cito, perché ho avuto modo di conoscerli e capire il bene che fanno, i volontari di Karibuni Onlus che a turno si recano in varie località del Kenya, più e meno note, Malindi, Langobaya, Mida,Malanga, Kaijado, Gede ,Marafa dove, grazie ad un’iniziativa presa nel 2004 da un imprenditore canturino, sono stati realizzati numerosi progetti, la costruzione di nursery, asili, scuole primarie, strutture sportive e pozzi d’acqua potabile. Ho conosciuto i soci de La Stecca , classe 1957, che per un anno hanno dedicato il loro tempo libero e tante sere per imparare a recitare. Hanno portato sulla scena uno spettacolo divertente e hanno destinato tutto il denaro ricavato dalla vendita dei biglietti a favore della Casa della Solidarietà “Rosa Blu” in costruzione a Grandola ed Uniti, una struttura socio-sanitaria con servizi diurni e residenze destinati a disabili, minori e persone a rischio di emarginazione. Sono tutti comaschi. E certamente sono solo una parte di coloro che , nella nostra città, offrono grandi esempi di generosità. Elargire offerte in denaro, donare il proprio tempo, ciascuno come puòe come meglio ritiene. Non so dire se il cuore della gente di Como fosse più grande anni fa, rispetto ad oggi. Mi limito a ciòche ho potuto constatare di persona da quando vivo in questa città, ormai più di vent’anni, che ho imparato ad amare e a sentire anche mia. E’ vero come ha affermato Giorgio Tettamanti su L’Ordine di giovedì 7 gennaio, che i comaschi “nutrono un forte impegno nella solidarietà”, pur con la riservatezza e quel senso del “particulare”, “il privato benessere” che è uno dei tratti distintivi del popolo lariano. Ed è giusto così, perché altruismo, generosità non devono essere virtù da conclamare ai quattro venti, strumentalizzate per apparire agli altri circondati da un alone di radiosa bontà che appaga il proprio egotismo. Le iniziative dei singoli, dei gruppi, delle associazioni senza scopo di lucro passano quindi inosservate, si incanalano nei mille rivoli che sgorgano da un’unica sorgente, quella della generosità, appunto, per poi confluire nel grande oceano della solidarietà. Tutto ciòsenza che i rivoli si trasformino in torrenti in piena o la violenza della burrasca sconvolga le acque dell’oceano. E allora le gravi mancanze da parte del potere politico locale per quanto riguarda gli aiuti ai terremotati dell’Abruzzo, i buoni propositi conclamati e mai concretizzati, non possono fare altro che approfondire quel senso di sfiducia profonda, quell’incolmabile divario che ormai si è creato tra cittadini e amministratori. Ma questo non è che , su piccola scala, ciòche avviene a grande scala sul territorio nazionale. E’ forse scontato affermarlo. E questo perché, come scrive Umberto Galimberti ne “I miti del nostro tempo” (Feltrinelli), “oggi la politica non sembra più essere il luogo della decisione, perché per decidere deve guardare all’economia e l’economia , a sua volta, per decidere i suoi investimenti guarda alle disponibilità e alle risorse tecnologiche”. Viene quindi riconosciuto “il primato della tecnica sull’economia , a sua volta fondato sul primato dell’economia sulla politica” e in tale senso “la politica diventa la rappresentazione della decisione, non più il luogo della decisione”. E forse , in una realtà dove la politica si fa rappresentazione e la tecnica diventa il “fine primo per perseguire tutti gli altri scopi”, continua Galimberti citando Emanuele Severino, e non più mezzo, allora è probabile che ci sia chi rifiuta di doversi adeguare a tutti i costi al mito dell’efficienza e della tecnica e reagisca, invece di sprofondare nel vortice buio della depressione, riscoprendo e traendo forza da valori che dovrebbero essere alla base di ogni società civile. E a Como, tra i cittadini, questi valori non mancano.