Vi prego , non chiamatela poesia! Che sia “fenomeno sociologico”, come lo ha definito lo slammer Simone Savognin, può essere. Ma queste gare di poetry slam, hanno tutto dell’onomatopea inglese , che significa scagliare, scaraventare (le proprie immediate emozioni, sensazioni sul pubblico) e poco della poetry. Tratto da L’ORDINE del 20/03/2010
Mi riferisco a quel tipo di certamen in voga in questi anni , che, volendo riproporre la tradizione orale della poesia, vedono improbabili aedi e rapsodi del ventunesimo secolo recitare i propri versi ora con studiata enfasi ora con timida incertezza, alla mercè di un pubblico spesso di non addetti ai lavori che giudica in base alla simpatia trasmessa in modo empatico da chi sta sul palco, al suo modo di recitare, ecc. Perché di spettacolo si tratta e gli slammer di professione (ovvero coloro che partecipano di routine a queste gare) lo affermano senza mezzi termini: si giudica non solo o non del tutto il contenuto, ma come gestualità , tono della voce e sua impostazione, capacità di reggere la scena riescono a catturare l’attenzione del pubblico e quindi a far salire il punteggio dei giurati. Ho assistito giovedì sera , a Erba, presso la Libreria di Via Volta, ad una di queste manifestazioni. Non fraintendetemi, non è mia intenzione arrogarmi il ruolo del critico letterario o dell’inguaribile purista. Non condanno assolutamente questo tipo di iniziative , ma che tutto debba , per essere notato, trasmettere un messaggio, trasformarsi in spettacolo, no, non mi sta bene. Anche perché la poesia è prima di tutto un fatto intimo, personale, che richiede rielaborazione riflessione. Inoltre, scrivere sotto la spinta di emozioni immediate, in genere non produce versi che volano alto.Vittorio Sereni affermava che nello scrivere poesie “c’è tutto un periodo di preparazione, perché quello stimolo, suggestione , ricordo o illuminazione improvvisa viene a noi come una domanda o una provocazione dell’esistenza e ci spinge a chiarirla fino in fondo , non per via filosofica, ma per via poetica”. Ed è importante anche la lettura dei testi di grandi autori italiani e stranieri, in particolare moderni e contemporanei, per affinare il gusto, allenare il nostro orecchio al ritmo, alla melodia che la grande poesia, oltre alla profondità dei contenuti, porta sempre con sé. E’ importante sapere che il testo poetico ha struttura complessa, combinazione di diversi “strati”, fonologico, ritmico, semantico, simbolico, antropologico, mitologico. L’altra sera mi ha colpito il folto pubblico accalcato nei locali della libreria e il numero dei partecipanti alla gara : diciotto, cifra di tutto rispetto, mi ha assicurato Savognin. Provenienti non solo dalla nostra zona, ma dalla Brianza e anche da Milano e Pavia. Ciòdimostra il fatto che c’è interesse per la poesia ( ma come potrebbe non essere così, dato che è parte della nostra vita?). Giovani, adulti anziani, persone di tutte le età si sono cimentate nella lettura dei loro versi. Dalla timida, studentessa delle superiori , che ha letto poesie acerbe, ma fresche e leggere come la sua età , ai versi intrisi di tenerezza, ingenuità di un distinto signore di settantun anni, accompagnato dalla figlia. All’interno di questi due “limiti ” erano rappresentate tutte le fasce d’età: madri di famiglia che descrivono la quotidianità , impiegati che si rifugiano in un microcosmo arcadico, mariti e fidanzati innamorati che dedicano versi appassionati alla moglie o alla propria ragazza, giovani che urlano la loro rabbia con testi e recitazione (se così si puòdefinire) tipici dei rapper (ma cosa hanno, infatti, di diverso gli slammer se non l’assenza del ritmo serrato della musica?), altri timidi, la voce e le mani tremanti, e la voglia di diventare piccoli piccoli mentre cento occhi ti guardano, ti scrutano , ti giudicano.Anche perché, quando il pubblico neofita di questo tipo di iniziative comincia a scaldarsi, non risparmia certo di dimostrare con toni non proprio ortodossi il proprio dissenso. La giuria vota, e ogni volta sono “Buuuh”, fischi, imprecazioni ( e mi dicono che questo era un pubblico anche troppo educato). Tra i cinque finalisti rimasti in gara , tre sono “slammer”(Fabio Fusi, Marco Bin e Alfonso Maria Petrosino) già abituati a questo genere di incontri ravvicinati con la folla, una è la studentessa delle superiori di Albese, Maddalena Frigerio e un’altra è una signora di Albavilla, Maria Grazia Duval che, si coglie subito, ha dimestichezza con i versi. Non c’è dubbio che piace la performance, al di là del testo, lo conferma il piazzamento dei tre “slammer”. Ma , alla fine, il vincitore è il ragazzo di Salerno, Alfonso Maria Petrosino, che studia a Pavia, capello fluente e ondulato, aria da Rimbaud del 2000. E, ammetto, le sue poesie mi sono piaciute. E mi sarebbero piaciute anche senza la sua forzata recitazione, semplicemente se le avessi lette, soffermandomi magari sui versi che più mi hanno coinvolto. Perché ho avvertito, musicalità, senso del ritmo, sapiente uso della rima, assenza di inutili ridondanze e riferimenti culturali che certamente sono frutto di un lavoro attento di ricerca e di lima. Se è poesia, non ha bisogno di spettacolo. Poesia sperimentale? Non credo. Anche perché sperimentare in campo poetico significa padroneggiare in maniera completa l’arte del linguaggio. Alcuni, ma non unici esempi, di poeti (scrittori anche di prosa) già affermati nel panorama letterario italiano contemporaneo, curatori del sito di traduzioni e scrittura di ricerca GAMMM sono Andrea Inglese, Gherardo Bortolotti , Alessandro Brogli, Marco Giovenale , Michele Zaffarano, Andrea Raos. I loro testi possono piacere o meno, ma non c’è dubbio che si tratta di opere di alto livello letterario. Assistendo a questi certamen ho la conferma di ciòche mi è stato riferito da un editore: ci sono cinque milioni di aspiranti poeti contro i cinquemila lettori di opere di poesia . Tra quei cinque milioni ci sarà sicuramente chi ha ricevuto il dono della Musa, ma la maggior parte, purtroppo ,ha un concetto di poesia che è lontano anni-luce da ciòin cui realmente consiste questo genere letterario. La poesia , ripeto, non è spettacolo. Non è neppure trascrivere immediatamente ciòche ci passa per la testa o che ci attraversa il cuore in quel momento. E il poeta, la poetessa non possono essere uomo o donna di spettacolo. Altrimenti, perché il messaggio di vita che i versi di alto livello possono trasmettere ad un sempre maggior numero di persone, finiremo col portare sulla scena e magari far declamare da un rapper anche Dante.