Rispetto profondamente il dolore degli altri. Soprattutto quello dell’anima, che incatena ed annienta ogni capacità e volontà di reagire. La perdita di una persona cara, la fine di una relazione sulla quale si era costruito un progetto per il proprio futuro, il tradimento da parte di chi consideravamo amico sono solo alcuni esempi che possono farci scivolare nel vortice della depressione. Tratto da L’ORDINE del 17/04/2009
E spesso è difficile, veramente difficile uscirne. Forse c’è anche una predisposizione genetica: detto in termini banali, è la teoria di chi vede sempre il bicchiere mezzo vuoto, senza considerare che è già molto che non lo sia completamente. Chi ha il grande dono della fede, riesce a superare, spesso, i momenti più duri nelle prove a volte a noi inspiegabili che la vita ci riserva. Ma anche chi non puòabbandonarsi tra le braccia di un dio giusto e salvifico dovrebbe trovare la forza di reagire a questo dolore che fa parte sì della nostra esistenza, ma nella stessa misura in cui ne fa parte la gioia. Pecco forse di ingenuità, ma se riuscissimo davvero a guardarci intorno, senza che l’anima incancrenisca nello scorrere indistinto delle cose nel tempo, ci accorgeremmo che non siamo soli, che gli altri non sono entità lontane da noi, incapaci di capirci e di aiutarci. Ci renderemmo conto che molti di coloro con cui condividiamo questa straordinaria esperienza che è la vita, come noi soffrono e che magari potremmo essere noi, sì, proprio noi a lenire le loro sofferenze, anche solo mettendoci nella condizione di chi ascolta; c’è un grande bisogno di essere ascoltati e pochissimi sono disposti a farlo, perchè siamo tutti presi da un egoistico, spasmodico desiderio di raccontarci. Guardiamoci intorno: nel mondo, è vero, c’è tanto male, tanta sofferenza. Ma c’è anche tanta voglia d’amore, di serenità, di pace. Questa serenità, questa pace ciascuno di noi dovrebbe riuscire a trovarla attorno a sè, senza cercare vie di fuga che spesso hanno destinazione incerta, se non addirittura tragica. E sono le piccole cose della vita quelle che possono aiutarci. Quelle che quasi sempre consideriamo inutili, banali, spesso addirittura ridicole. Una parola di consolazione, la dimostrazione di stima ed affetto verso qualcuno, un gesto di generosità, anche minimo, non possono non scaldarci il cuore, anche se solo per poco tempo. Ammirare i colori del cielo durante un’alba o un tramonto, la perfezione di un fiore, la bellezza discreta di un lago o quella prorompente dei mari e delle montagne, le nuvole che si rincorrono nel cielo, il miracolo dell’avvicendarsi della stagioni, tutte queste straordinarie manifestazioni del creato non possono lasciarci indifferenti, non possono non farci capire che la nostra vita è davvero un’esperienza unica, irripetibile e singolare e come tale vale la pena di viverla, senza trascurare la quotidianità che spesso ci appare grigia e banale, perchè è invece proprio in quella che possiamo riscoprire chi siamo, quanto siamo importanti e possiamo fare per gli altri, imparando a voler bene a noi stessi e quindi a coloro che ci stanno vicini. Nei giorni scorsi, ascoltando un reportage al telegiornale dalle tendopoli allestite all’Aquila, mi hanno colpito le brevi interviste fatte ai bambini: non uno di loro, nell’immisurabile tragedia che li ha colpiti insieme alle loro famiglie, sembrava essere triste, sfiduciato. Tutti sottolineavano il fatto che erano sereni, che potevano giocare insieme, non si sentivano soli e che quindi “va bene anche così”. Spesso i piccoli, nella loro semplicità, ci danno delle grandi lezioni riguardo a cosa sia veramente la serenità.