“Il ballo è un rozzo tentativo di entrare nel ritmo della vita”, affermava George Bernard Shaw. Un monito che sembra scritto per il “popolo della notte”, giovani che amano trascorrere il tempo libero imprigionandolo in luoghi dove tutto sembra diventare artificiale , la musica, il tempo, le parole, i gesti, anche il naturale bisogno di stare insieme e divertirsi che si avverte in modo particolare durante la primavera dell’esistenza. Tratto da L’ORDINE del 11/06/2009
Da ragazza ho sempre cercato di evitare le discoteche. Le poche volte che ci sono andata, trascinata dagli amici, avvertivo una sensazione di disagio, percepivo un senso di solitudine collettiva, di coercizione al divertimento a tutti i costi che mi spingeva ben presto ad uscire “a riveder le stelle”, respirare l’aria penetrante della notte, trovare spazio intorno a me. E poi, per quelli della mia generazione, ballare era soprattutto un modo per restare abbracciati, anche solo per la breve , ma intensa durata di un “lento”, al ragazzo o alla ragazza del quale eri innamorata o innamorato, avvertire tutte quelle magiche, esaltanti emozioni che solo durante l’adolescenza e la giovinezza si possono provare. Ho trasmesso la mia avversione nei confronti di questi locali anche ai miei figli, in maniera più o meno conscia. E ne sono felice. Non sono degli alieni, né degli introversi solitari, hanno tanti amici, ma da sempre hanno preferito organizzare le loro serate libere a casa, una spaghettata, qualche chitarra e magari un bel film preso a noleggio da vedere insieme; oppure tutti a fare il tifo per gli amici che giocano in qualche squadra di calcio, pallacanestro o pallavolo, per poi finire la serata in pizzeria o al cinema. O ad ascoltare chi tra loro suona in un complesso e si esibisce in qualche locale, tirando tardi, dimenticando di guardare l’orologio, con quella spensieratezza e quella leggerezza tipica dei giovani e che per noi adulti è diventata ormai un ricordo sbiadito,forse , ma capace di risvegliare una malinconia sottile e struggente per un’età magica, verde di speranze. Ho sempre incoraggiato questo loro modo di stare insieme, e casa nostra è diventata per gli amici dei miei figli un punto di incontro, un luogo dove ritrovarsi anche solo per mangiare un gelato e chiacchierare. Certo anch’io, non posso negarlo, conosco l’inquietudine notturna che assale noi genitori quando ci accorgiamo che , all’ora stabilita , i nostri figli non sono ancora rientrati a casa. Il quadrante dell’orologio diventa un cilicio dell’anima mentre il tempo assume una dimensione distorta e i minuti si dilatano in quel silenzio sordo e cupo che in certe notti non fa che aumentare la nostra angoscia. I cellulari annullano solo in parte le nostre paure: se una voce metallica, sempre uguale, ci ripete che sono spenti , riescono solo a moltiplicare il nostro stato d’ansia. Fa parte di una certa fase della vita che tutti i genitori, prima o poi, sono costretti a provare. Ma una cosa è sapere che tuo figlio o tua figlia tirano tardi a parlare con gli amici sotto casa o mangiando pizza o focaccia appena sfornate in compagnia – abitudini giovanili considerate evidentemente atti criminosi, pericolosi, e in modo paradossale, penalizzati in maniera pesante rispetto alla sconsiderata vendita di alcolici, dato che nella nostra Regione e di conseguenza anche a Como, è stata applicata di recente la legge, ormai sineddoche , anti –kebab, vero e proprio coprifuoco per i nottambuli. Altra cosa è invece avere la certezza che sono usciti in macchina , serata in discoteca , musica eletrotech-house che rimbomba nel cervello per ore, effetti speciali , giochi di luci artificiali che distorcono la realtà . “Si balla per liberare sensazioni che durante la vita quotidiana è difficile esprimere, sulla pista ci si lascia andare; è anche un modo per farsi notare dagli altri. Oggi il ballo assume un significato trasgressivo”.- spiega un DJ comasco, Fabio Camminatiello, anni di esperienza nei locali più in voga della Lombardia e del Canton Ticino, dal Ponderosa, Codice a Barre, Nautica, The Vill di Milano, dal XX Secolo di Bergamo, al Casablanca di Brescia, al Matrix di Chiasso. Sarà, ma io sono felice che i miei ragazzi esprimano le loro emozioni scegliendo altre forme di svago. E l’esempio della famiglia è fondamentale. Che il “mestiere” di genitore sia difficile, è ormai una tautologia. Non c’è bisogno di manuali di pedagogia per saperlo; si prova sulla propria pelle, anni di discussioni, scontri, compromessi, anche tanti sbagli e tentativi successivi di correggere il tiro, quel dover dire spesso “no” che costa molta più fatica di tanti semplici e facili “si”, alla lunga devastanti per la formazione di un giovane. Ho insegnato lettere per anni presso le scuole secondarie della nostra città e della provincia di Milano. Spesso, durante i colloqui con i genitori, questi ultimi si lamentavano perchè i propri figli non leggevano libri, preferendo trascorrere le ore davanti alla televisione o al computer. Quando, evitando accuse troppo dirette, chiedevo quali libri avessero loro stessi letto negli ultimi mesi e se li avessero proposti ai propri figli, spesso mi rispondevano che non avevano tempo di leggere libri – figuriamoci! – a mala pena riuscivano a sfogliare un quotidiano. E allora, rifacendomi al noto detto “predicare bene ma razzolare male” ,come tutti i proverbi intriso di saggezza, cercavo di far capire a questi genitori che in fondo, se i loro ragazzi non avevano una grande proprietà di linguaggio nell’espressione scritta ed orale, era anche colpa loro. Il comportamento di noi genitori è fondamentale; come sono convinta sia fondamentale il dialogo costante, continuo con i propri figli. Riguardo ai sabato sera in discoteca, di questo, come di tanti altri temi scottanti che riguardano il mondo dei giovani, ho parlato spesso con i miei ragazzi, ricordando loro quali sensazioni negative avevo provato le poche volte che ero entrata in uno di questi locali e soprattutto rimarcando il fatto che non mi sembrava assolutamente un modo per stare insieme costruttivo, perché, anche solo per conoscere nuovi amici, è necessario parlare con le persone. Cosa che risulta veramente difficile in una discoteca, dove i decibel dei suoni sono al massimo della sopportazione per il nostro udito e se vuoi farti capire devi urlare, con il risultato che, dopo qualche ore, esci con un fastidioso ronzio nelle orecchie e la voce rauca. Poi ho affrontato il problema del consumo di alcol e di droga che, purtroppo, sono demoni sempre in agguato tra gli adolescenti. Spesso ritagliavo articoli di giornali dove si riportavano statistiche sugli incidenti stradali del sabato sera ,le cui vittime sono soprattutto i giovani. E , come ho accennato sopra, ho cercato soprattutto di aprire le porta di casa agli amici dei miei figli, di capire chi frequentavano, di offrire l’opportunità di divertirsi senza dover necessariamente recarsi nei locali notturni. Non che da subito abbiano condiviso le mie posizioni. Non mi permetto di dispensare pillole di pronta efficacia educativa agli altri genitori.Con lo spirito critico che , giustamente, devono sviluppare nei confronti di noi adulti, soprattutto noi genitori, per poter recidere il cordone ombelicale e crescere, hanno comunque provato qualche volta l’esperienza della discoteca. Per poi riferirmi che sì, tutto sommato avevo ragione, quelle serate avevano lasciato loro ben poco, tutta quella calca, quella musica assordante, si erano persino annoiati! Non mi permetto, scrivendo questo, di dispensare pillole di pronta efficacia educativa agli altri genitori. Riporto solo la mia esperienza. Ma è comunque vero che qualunque nostro messaggio, ricordiamolo, anche se a volte sembrano non avergli dato troppo peso, viene recepito, ripensato, analizzato dai nostri figli. E le nostre risposte alle loro domande spesso” criptate”, con il tempo danno i loro frutti.