Accusano proprio lui, suo marito. L’uomo col quale, tanti anni fa, ha pensato e realizzato un progetto di vita. Anni che ora l’incubo ha dilatato alla dimensione di secoli. L’uomo che fino ad oggi ha amato, con il quale ha condiviso tanta parte della sua esistenza, gioie, dolori, la sicurezza offerta dalla ritualità dei gesti quotidiani, la serenità illuminata dalle abitudini, dalla convinzione che sì, nonostante tutte le difficoltà, le incomprensioni che la vita di coppia a volta comporta, il loro rapporto, ne era convinta, aveva radici profonde, l’amore e l’affetto intrecciavano i loro destini. E’ stato proprio lui, quella persona adesso estranea, il padre delle loro figlie,lo stimato presidente del Basket Senna conosciuto da tutti a Capiago Intimiano, dove fino ad oggi ha vissuto con la famiglia, e nell’ambiente dello sport per la sua disponibilità, dinamismo, capacità organizzativa. Tratto da L’ORDINE del 16/04/2010
Già, il marito, il padre modello.Da donna, da moglie, da madre apprendendo la colpa atroce della quale è accusato Enrico Marelli, avverto un senso di dolore abissale una rabbia indistinta, come se corpo, cuore, mente, anima , sentimenti , pensieri, materia e spirito, reale e irreale si confondessero nel mio essere e implodessero, con tutta me stessa. Mi sentirei svilita, annientata, tradita e nello stesso tempo in colpa per non essermi mai accorta, in tanti anni, che quella persona amabile, gentile, premurosa con la passione per lo sport e per la sua professione di tecnico informatico passava ore al computer ad adescare ragazzini, preadolescenti e adolescenti della stessa età dei miei figli.E lui, lui non pensava alla sua famiglia, in quei momenti? Chi era quando, passando dalla potenza all’atto, incontrava le sue vittime, consenzienti per soldi, per quella incapacità di distinguere tra bene e male, realtà e sogno che spesso nella fase dell’infanzia e dell’adolescenza porta a vivere in uno stato di incoscienza? Era lo stesso che, alla sera, tornando a casa, abbracciava le bambine, sorrideva loro, così come se niente fosse accaduto, si informava su come erano andate a scuola, dava loro consigli, le lodava, le rimproverava , si comportava come un genitore si comporta nei confronti delle proprie creature.Sì, le proprie creature. E quelle degli altri? Non mi sembrerebbe possibile, no, penserei ad uno sbaglio, un atroce sbaglio; gli indizi, le accuse, solo falsità; mi illuderei dando la colpa agli altri; la gente è così cattiva, a volte, invidiosa della felicità altrui. Poi, però, davanti alla confessione, penserei che è inutile cercare via di fuga da una realtà così piana e lineare fino a ieri ed oggi così cupa e distorta. Sebbene ancora incredula, stordita dell’uragano del dolore che sibila nelle feritoie dell’anima, cercherei, non certo di giustificare, ma almeno di intuire perché proprio “quella” persona abbia potuto compiere un atto così perverso.Forse perché non è la trasgressione che cerca chi compie un gesto tanto abietto, perché quel gesto spezza un limite oltre il quale c’è solo uno stato di caos mentale, dove è annientata “ogni nozione di organizzazione, struttura, separazione,dove è abolito l’universo delle differenze da cui prende avvio ogni principio d’ordine”, come afferma Umberto Galimberti nel saggio Le cose dell’amore (Feltrinelli).Ma non so se riuscirei a perdonare un gesto sicuramente attribuibile a un comportamento patologico, a una personalità deviata che per affermare la propria fragile onnipotenza nega l’altro, degradando la vittima, la persona a una cosa, e mostrando così tutta la sua impotenza. E al di là del profondo dolore, della vergogna che mi spingerebbero a fuggire lontano, non so dove, ma in un luogo e in un tempo dove annientare ogni secondo del mio vissuto, cercherei di trovare le parole- ma quali? – per tentare di spiegare ai miei figli che, purtroppo, il male puòessere nelle persone e nelle cose che ti stanno vicine, così come lo è il bene.Certo, un figlio adolescente rimane sicuramente fuorviato, disorientato di fronte ad un gesto simile. E’ difficile accettare che il proprio padre abbia distrutto, o quantomeno compromesso la conquista di autostima segnando in modo indelebile la vita di ragazzi che hanno proprio la stessa età di suo figlio. Un padre, colui nel quale un adolescente , in quel rapporto odio-amore che tanto lega i giovani a quell’età ai propri genitori, vede un modello da seguire, un approdo sicuro durante il difficile viaggio alla conquista di se stesso, un punto di riferimento nel percorso di formazione della propria personalità. Ma alla fine, credo solo il tempo potrebbe mitigare il dolore, trasformare rabbia, vergogna, desolata disperazione di una madre e dei suoi figli in una infinita , rassegnata pena nei confronti di chi ha dentro di sé un caos indistinto, dove non esiste limite tra giusto e ingiusto, lecito e illecito, bene e male.