Edicole e chiesette sono luoghi molto apprezzati dai residenti. C’è anche un convento e la sensazione è che il paese sia molto raccolto attorno ai luoghi dello spirito. Tratto da L’ORDINE del 25/06/2010
Sabato pomeriggio. Piove. Una pioggia fitta, continua, sembra non debba smettere mai. Il cielo è grigio, uniforme. A guardarlo si dimentica che l’estate è alle porte.
Passeggio per le strade di Grandate con questo tempo che non aiuta certo a rendere “ogni cosa illuminata”. Eppure, percorrendo il nucleo centrale del paese, non avverto quel senso di sottile malinconia, quella sorta di ineffabile inquietudine che il maltempo spesso suscita in me e che non mi fa apprezzare ciòche vedo. Ho lasciato l’auto al parcheggio del Municipio, villa Franchi Borella. Sulla targa che ne riassume la storia, leggo che l’edificio del XIX secolo è sede del Comune, della biblioteca , del centro civico e della Pro loco dal 1980. Prima apparteneva a Giuseppe Franchi, magistrato del tribunale di Como; vi ha vissuto anche Madre Giovannina Franchi fondatrice della Congregazione delle suore infermiere dell’Addolorata dell’Ospedale Valduce e nei primi anni del 900 venne acquistata da Angelo Borella.
Davanti all’ingresso, aiuole fiorite e curate. Entro nel cortile che si affaccia come un balcone sulla pianura. Capannoni industriali, gru, case occupano oggi un’area che doveva un tempo essere una distesa di campi verdi.
Grandate ha infatti un sito privilegiato, il nucleo originario sorge su una collina, alta quanto basta per avvertire quel senso di gradevole isolamento, di distacco dal caos cittadino che è uno dei pregi dei piccoli centri.
Di fronte al Comune una serie di abitazioni residenziali a due piani attirano l’attenzione per la cura e l’ordine della facciata: anche qui ogni balcone è un arcobaleno di fiori colorati, non c’è alcun dettaglio che possa far pensare a trascuratezza.
Proseguo nella mia passeggiata, per fortuna ha quasi smesso di piovere. Noto che le strade, i marciapiedi sono in generale ben tenuti e puliti.
Mi fermo a guardare l’immagine del Cristo crocifisso dipinta sulla facciata di una vecchia casa del centro. I colori sono vivaci, deve essere stato restaurato da poco. Penso che di queste immagini e di edicole in città non se ne vedono quasi più: sono rimaste solo nei paesi, testimonianze di una fede che un tempo rendeva ancora più saldo attraverso i riti il legame tra gli abitanti.
Ecco la chiesa parrocchiale, del 1927. Spicca per il colore dei mattoni a vista che fa contrasto col marmo bianco del rosone della facciata; l’oratorio, le scuole medie, le elementari con un bel giardino e la scuola materna. Edifici a poca distanza l’uno dall’altro costruiti con diversi stili, ma tutti ugualmente ben tenuti. E’ bello pensare che i bambini possono crescere e formarsi, affacciarsi all’adolescenza insieme, in un luogo a loro familiare, giocare e camminare senza bisogno di essere “blindati” in auto nel tragitto casa-scuola e viceversa.
Un altro grande vantaggio dei piccoli centri.
Ci sono la posta e la banca a poche decine di metri l’una dall’altra.
Grandate è immersa nel verde: ha un parco civico, all’ingresso del quale un cartello invita ad avere cura di un bene che appartiene a tutti i cittadini; un parco giochi per i più piccoli.
Case , ville, villette a schiera, condomini di tre, quattro piani al massimo hanno quasi tutti un giardino, piccolo o grande, e quasi tutti i giardini hanno, la cosa mi incuriosisce, un angolo adibito ad orto. Dietro le siepi che delimitano la proprietà, intravedo i residenti indaffarati a coltivarlo. Un retaggio, forse, di un’agricoltura di sussistenza oggi diventato un piacevole hobby.
Cammino fino al punto più alto della collina, dove sorge il Monastero del S.S. Salvatore, che ospita suore Benedettine di clausura. Circondato da un ampio parco, è immerso in quell’atmosfera mistica che appartiene a molti luoghi di preghiera e meditazione.
Scendo poi verso il Centro Polisportivo Comunale San Pos: due campi da tennis, campo da calcio, palestra, percorso vita. Non manca nulla, per chi vuole tenersi in forma.
E poi, mi dirigo verso la “ periferia”, proseguo lungo la via Madonna, che porta sino alla graziosa chiesa della Madonna del Noce, dedicata alla Vergine Bambina. Dalla targa che ne spiega la storia, un po’ nascosta in verità, apprendo che è l’ampliamento di un edificio sacro dedicato alla Madonna di Loreto, riprodotta in un affresco del XV secolo conservato all’interno della chiesa. Viene chiamata anche Madonna in Campagna, perché, si intuisce, un tempo attorno dovevano esserci solo prati e campi coltivati. E’ un luogo di culto frequentato da molti grandatesi.
Mi accorgo che si è fatto tardi, il cielo trascolora nel crepuscolo. Torno in fretta al parcheggio, dove ho lasciato l’auto. Non è così vicino. Ne ho fatta di strada! Tornando a casa, do un’occhiata dal finestrino alla collina e al paese che le si avviluppa attorno, profilo che, con sguardo distratto, ho visto tante volte. E mi sembra di scoprirlo per la prima volta, in tutta la sua discreta bellezza. Ancora una volta penso alla differenza che c’è tra guardare e osservare.