Una serata dedicata a due icone della poesia femminile: Emily Dickinson e Antonia Pozzi. Un recital di poesia, ma non solo quella che si terrà stasera alle 20.30 alla Casa della Poesia di Como, in via Rovelli 4 a Como.
Tratto da L’ORDINE del 12/11/2010.
Perché grazie a Silvio Raffo, poeta e scrittore dalla cultura letteraria vastissima, traduttore, autore di numerose raccolte di poesie, romanzi , opere teatrali e profondo conoscitore della letteratura femminile angloamericana, grazie al suo accattivante eloquio non privo di punte di acuta ironia, il pubblico presente in sala potrà “rivivere”, attraverso le sue parole la profonda identità tra poesia e vita , intimo e indissolubile legame che ha caratterizzato l’esistenza di queste due virginali anime. E non mancheranno momenti di intensa emozione nell’ascoltare la brava attrice Viviana Nicodemo, diplomata alla Scuola d’Arte del Piccolo Teatro di Milano, che darà voce ai versi immortali delle due grandi poetesse. Due donne. L’una americana, vissuta a cavallo tra la prima e la seconda metà del XIX secolo, figlia di un influente avvocato, Edward Dickinson, di Amherst, cittadina rurale della provincia di Boston . Emily Dickinson era cresciuta in ambiente borghese e “puritano”, permeato al contempo di religiosità e cultura. Visse, per scelta, in una sorta di “stimolante” clausura, un mondo esterno limitato alle mura e agli affetti della casa paterna e del giardino che la circondava , un universo interiore in continua espansione che si illumina nei suoi brevi, fulminanti componimenti: “ogni poesia è un piccolo microcosmo ben distinto da tutte le altre”come ha osservato il critico Massimo Bacigalupo.L’altra italiana, morì suicida a ventisei anni d’età nel 1938. Antonia Pozzi proveniva da una famiglia dell’alta borghesia milanese, una madre dedita alla mondanità e legata alle apparenze, un padre autoritario e severo , che riuscì a troncare il rapporto di amore profondo e sincero nato tra Antonia e il suo professore di lettere al liceo classico, facendolo trasferire in un’altra città . Soffocòin lei ogni sentimento, ogni aspirazione a realizzare il proprio ideale di identità tra vita e arte. Cercòdi cancellare e correggere dopo la morte di lei anche poesie e scritti, che riteneva “scandalosi” per i benpensanti di allora e che invece sono testimonianze di profonda sensibilità , capacità di scavare nelle contraddizioni dell’animo femminile di una delle menti più lucide e fervide del secolo appena trascorso. La Pozzi si laureòin lettere e suo relatore fu il filosofo Antonio Banfi, frequentòi migliori circoli culturali della sua città natale, faceva parte della generazione di intellettuali milanesi degli anni Trenta del 900: era amica di Dino Formaggio, Enzo Paci, Vittorio Sereni, Giancarlo Vigorelli, Remo Cantoni, Alberto Mondadori.Viaggiava, amava la fotografia, conosceva tre lingue straniere, aveva amicizie colte e stimolanti, che tuttavia non le permisero, forse anche a causa degli stereotipi ai quali una ragazza di buona famiglia in quel periodo doveva adeguarsi, di superare il lacerante contrasto tra arte e vita , simbolo della sua infelicità esistenziale.Che significato ha l’amore nelle irripetibili poesie di Emily Dickinson e Atonia Pozzi?Per la poetessa americana “l’amore diventa un tema privilegiato, ma un amore dell’assente, parallelo all’amore dell’eterno sempre rimandato e dubitato”, come ha ancora osservato Massimo Bacigalupo. L’amore segreto e impossibile della Dickinson fu probabilmente un religioso, Charles Wadsworth. Ma ciòche importa rilevare è la vaghezza, l’indeterminatezza in cui viene lasciata l’identità della persona amata, l’oggetto d’amore. La parola poetica erompe come un lampo a ciel sereno, è parola che “crea” perché la potenza dell’immaginazione è in lei alimentata dal ristretto mondo in cui vive, la sensibilità acuita dal volontario isolamento e l’amore una sorta di vocazione “mistico-sentimentale” : “Fu amore –non io-/punisci – ti prego -/chi davvero morì per te-/solo lui -non me-/Che colpa amarti di più!/Condannala più di tutte -/Perdonala – meno-/era vile come Gesù – al più! / La giustizia non manchi-/fra noi due così somiglianti -/l’artefice del delitto-/fu amore-Ora mira dritto!”.Atonia Pozzi “confronta il suo disordine lirico , così indecentemente femminile, alla razionalità ironica e pragmatica dei suoi compagni d’Università”, come ha osservato la maggiore studiosa di questa grande e infelice poetessa, Alessandra Cenni.Rifiuta completamente gli schemi ottocenteschi della poesia femminile, abbandona ogni sentimentalismo e pseudoromanticismo e alleggerisce ogni parola, la riduce all’essenziale. Attraverso il linguaggio poetico cerca di fare ordine nel suo animo, lotta, inutilmente, per realizzare il suo sogno di fondere totalmente la sua vita con la poesia, come si legge in questi versi tratti da Preghiera alla poesia : “Poesia che con occhi di pianto/achi con occhi di pianto/ si cerca-Oh rifammi tu degna di te,/poesia che mi guardi” .E l’amore è tema ricorrente nelle sue liriche, fantasticato, sognato, idealizzato come sentimento inalienabile da sé, come donna e come artista: “Tu sei tornato in me/come la voce/d’uno che giunge, ch’empie a un tratto la stanza,/quando è già sera”.