Capita, e credo che nessuno ne sia stato immune, che a un certo punto della vita si cerchi di fare un bilancio di ciò che siamo riusciti o meno a realizzare . Spinti da un irrefrenabile desiderio di trovare un senso, di riempire il vuoto che in certi momenti dell’esistenza si spalanca come una voragine che sembra voler inghiottire tutto. Tratto da L’ORDINE del 03/03/2011.
Puòaccadere anche se si è riusciti a realizzare il progetto di vita che ci si era posti, ad avere grandi soddisfazioni, successo. E’ allora che ci si accorge che ciòche abbiamo fortemente voluto, per cui ci siamo dati da fare, quello in cui abbiamo sino ad allora creduto puòvacillare, sembrarci effimero, fragile come un castello di sabbia. Fino al punto di sentire il bisogno di allontanarsi da luoghi e persone sino ad allora familiari, che ad un tratto ci sembrano estranei, perfino ostili.Credo sia questo ciòche è accaduto a Luca Belcastro, compositore il cui talento è stato riconosciuto a livello internazionale: tanti concorsi vinti, partiture eseguite con successo. A quarant’anni ha sentito il bisogno di fermarsi, guardarsi dentro, capire meglio se stesso. Quindi la decisione di lasciare l’Italia per viaggiare nei paesi dell’America Latina, luoghi da lui amati ed esplorati con la mente e il cuore, prima di visitarli, attraverso la musica, la poesia, la letteratura . Argentina, Perù, Bolivia, Cuba, Messico, attraverso città e paesi, foreste e deserti luoghi dove arte , cultura e natura formano un continuum in cui nulla sembra lasciato al caso. Ne è nato un libro, intitolato “Sacbeob” (Moretti & Vitali), le “strade bianche”, per il colore del pietrisco da cui sono coperte, arterie che collegavano le diverse zone della città e anche tra loro le città sacre costruite dalla civiltà Maya . Un diario che racconta spezzoni di un viaggio lungo sacbeob dell’esistenza, un percorso reale e spirituale intrapreso dall’autore fra i popoli latino americani, che ancora riescono ad avvertire la musica e la poesia come forme d’arte aggreganti, linguaggi universali, per comunicare agli altri sentimenti, emozioni, passioni. La musica è parte della vita stessa di questi popoli, riempie, per esempio a Cuba, ogni strada delle città e dei paesi dell’isola e scandisce ogni momento della giornata, diventa abitudine quotidiana .Tuttavia anche durante i molti concerti di musica contemporanea ai quali l’autore ha assistito nei paesi latinoamericani dove ha vissuto, ha avvertito l’influenza del modello occidentale del concerto, caratterizzato da una netta separazione tra il pubblico e i musicisti, “con gli interpreti che recitano il loro ruolo accompagnati da cerimoniale, entrate, uscite e inchini all’applauso del pubblico elegante”, come si legge nel libro. Il mondo musicale accademico delle varie Nazioni sembra adeguarsi al modello europeo o a quello degli Stati Uniti e questo crea un contrasto molto marcato in quelle realtà tra come la gente per le strade vive e percepisce la musica e l’empireo delle accademie, dove spesso regnano individualismo, sfrenata concorrenza e sterili invidie tra chi le frequenta. Così, in soli tre anni, questo compositore davvero fuori dagli schemi ha creato il progetto “Germina.CCiones …-primaveras latinoamericanas”, con l’obiettivo di offrire a centinaia di giovani musicisti e compositori dell’America del Sud la possibilità di partecipare a corsi dove la formazione non è imposta dall’alto, ma diventa ricerca di se stessi, attraverso l’impegno e il confronto continuo con gli altri, costruendo spazi collettivi di partecipazione. Un progetto che , nei vari Paesi , ha il nome dei fiori nativi , Cebo in Argentina, Mariposa a Cuba, Xicamiti in Messico, per esempio; fiori come simbolo di rispetto verso una natura per fortuna ancora incontaminata in molti di quei luoghi.Una iniziativa che, grazie all’attività e alla determinazione dell’autore di questo interessante libro, si è concretizzata in virtù di una intensa collaborazione tra università, conservatori , facoltà universitarie evitando deleterie forme di rivalità .