“Vivere non è difficile potendo poi rinascere cambierei molte cose, un po’ di leggerezza e di stupidità.” La prima volta che ho ascoltato “L’animale”,bellissima canzone di Franco Battiato, mi sono rispecchiata perfettamente in questa strofa. Perché, per formazione, carattere, ambiente sono sempre stata portata a scavare fino in fondo, andare alla radice delle cose, cercare di capirne il senso, a volte scarnificando con dolore fino all’osso ogni nuova esperienza, positiva o negativa che fosse. Ho sempre preso tutto molto, troppo sul serio, a volte chiedendomi perché, in fondo, non sono mai riuscita a vivere in leggerezza. No, il “Take it easy” non è mai stato il mio motto. Tuttavia, da qualche tempo a questa parte, forse perché, facendo miei i versi di Umberto Saba “sul tardi l’aria si affina / ed i passi si fanno leggeri” ho deciso che, tutto sommato, non guasta sfrondare la vita dal peso di ciò che è superfluo, perlomeno ciò che riteniamo tale. Tratto da L’ORDINE del 02/04/2011
Senza rimpianti o inutili lamentele: “Ah, se potessi rinascere!”.E così ho accettato di fare in un viaggio che ho vinto ad una conviviale del Rotary Cantù . Solo fino a qualche anno fa avrei senz’altro rinunciato, con una punta di snobismo. Un viaggio non organizzato e studiato a priori nei minimi particolari, con orari e ritmi imposti da altri mai e poi mai!Ho invece considerato questo premio occasione irrinunciabile. Casualità, destino, Provvidenza o come volete chiamare l’imprevedibile secondo che siate agnostici o credenti . Quindi sono partita per una crociera che mi è subito sembrata manna caduta dal cielo, dopo qualche mese di forte tensione e impegno, seguiti da inevitabile stress, spesi nell’organizzare il festival “Europa in versi”, evento di poesia che si è tenuto a marzo nella nostra città.Sono partita dopo due giorni dalla conclusione dell’evento con una grande nave, una specie di paese dei balocchi galleggiante, il cui nome non ho potuto non prendere come una sorta di imperscrutabile e arcano segnale: Poesia. Amo la poesia. E’ per me ben più di un semplice genere letterario. E’ è luce nel buio, ricerca del senso delle cose, della vita. E ho sempre amato viaggiare per scoprire, mettermi alla prova, conoscere altri luoghi e culture diverse dalla nostra per capire meglio me stessa e chi mi circonda.Del resto il tema del viaggio è presente nella letteratura di tutto il mondo e di ogni epoca. Nell’immaginario collettivo è metafora della nostra esistenza. Un “viaggio in poesia”, dunque, con un po’ di leggerezza. Usiamo questo termine spesso con accezione negativa: superficialità, stupidità. Ma , in fondo, il suo primo significato è positivo: basti pensare al suo contrario, che non è “profondità” , ma “pesantezza”. Ebbene, voglio sfrondare la mia vita dalla pesantezza, che spesso ho confuso con la profondità. Si puòvivere in leggerezza senza rinunciare alla profondità, così come possiamo rendere la nostra vita un fardello insostenibile di superficialità. “Dum loquimur, fugerit invida/ aetas: carpe diem, quam minimum credula postero. Mentre parliamo, il tempo/geloso sarà passato: cogli l’attimo, e non fidarti del domani.” Credo che il messaggio di Orazio, come quello di Baudelaire (Il Tempo divora la vita), dedicato alla fuga del tempo, sia per noi uomini dell’era post moderna più che mai attuale. Siamo subissati da mille impegni, disorientati da schegge di relativismo. Spesso non ne siamo neppure coscienti. Così sono partita lasciando casa il computer, oggetto amato e odiato allo stesso tempo, dal quale sono ormai (come credo molti di noi) dipendente. Il cellulare , per mia fortuna, non aveva quasi mai campo in mare aperto, così mi sono sentita tagliata fuori dal mio mondo abituale. La mia cabina aveva un grazioso balconcino, con due sedie di vimini e un tavolino. Stavo ore e ore a guardare il mare, la linea indaco dell’orizzonte che si confondeva col cielo, le nuvole che spaziavano fino a dove il mio sguardo poteva arrivare. Mi piaceva vederle cambiare ogni momento e giocare, come quando ero bambina, a dare un nome alle loro forme bizzarre. Poi rientravo i cabina, guardavo dalla porta finestra quel quadro, che aveva il miracolo dell’attimo sospeso nell’eternità dei dipinti di Edward Hopper e la dimensione surreale del sogno di quelli di Renè Magritte.Mi sono concessa qualche massaggio rilassante nella Spa della nave, ho seguito lezioni di yoga e mi sono anche lasciata andare alle dolcezze del buffet, torte, pasticcini, gelati. Ho fatto tardi, dopo cena, nei vari locali di bordo ad ascoltare musica. Ho letto un bel saggio di Lina Bolzoni “Il cuore di cristallo”sul “rapporto tra la lirica e la grande tradizione del ritratto doppio” e un’antologia di poesie d’amore di varie paesi e di epoche diverse. Ho anche trovato il tempo per pensare a quello che avrei dovuto fare al mio rientro, ai mille impegni, alla noia delle circostanze, ai ritardi accumulati inevitabilmente durante questa settimana di salutare, ristoratore dolce far niente. E incredibilmente non mi sono sentita in colpa, come invece sempre mi accade quando sono in vacanza, assalita dalla sensazione di perdere del gran tempo in occupazioni futili. Ho pensato guardando come i gabbiani si lasciavano trasportare immobili dal vento, che anch’io avrei fatto lo stesso, anch’io, rientrando a Como, avrei affrontato tutto abbandonandomi almeno un po’ alla brezza della leggerezza, sorridendo di più alla vita, senza tuttavia rinunciare al suo senso profondo.