Negli ultimi mesi mi è capitato spesso di andare nelle scuole della nostra città e incontrare gli studenti per parlare loro di poesia. Mi convinco sempre di più che le nuove generazioni sono dotate di talento, intelligenza e grande sensibilità. Mi pongono domande mirate, domande che hanno al contempo tanta freschezza e profondità: vogliono che racconti la biografia di qualche poeta di cui hanno apprezzato in particolare i versi, mi chiedono quali siano le fonti di ispirazione della poesia, se sia o meno attività calata nel quotidiano. Tratto da L’ORDINE del 21/04/2011.
Pochi giorni fa una ragazzina della scuola media mi ha chiesto per quale motivo una persona sente di dover scrivere in versi invece che in prosa ciòche vuole esprimere, un’altra studentessa era curiosa di sapere quali fossero per un poeta, uno scrittore le fonti di ispirazione, uno studente mi ha chiesto se ci sono dei momenti della giornata durante i quali si preferisce scrivere e come si possa farlo, dal momento che viviamo frastornati quotidianamente da un turbine di preoccupazioni. Nella loro apparente semplicità ( e forse proprio in virtù di questa) sono domande che vanno davvero alla radice dei problemi. E, ma la cosa non è poi così strana, sono interessati alla poesia spesso più di quanto lo siano gli adulti. Alcuni di loro, alla fine di questi incontri, mi consegnano dei fogli sui quali hanno scritto poesie o riflessioni personali in prosa. Mi stupiscono ogni volta. Sono meditazioni sulla vita, sull’amore, sul senso dell’amicizia, sugli affetti familiari, sul dolore, sulla felicità, se sia evasione dalla realtà o percorso per esplorarla e comprenderla. Hanno il dono della spontaneità e della semplicità che non significano affatto superficialità, sanno cogliere l’essenza molto più di quanto noi adulti facciamo. Sembrano intuire subito il senso delle cose. Ho avuto l’onore (perché tale lo considero) di presiedere la giuria di un premio letterario indetto dal Liceo Volta e riservato agli studenti delle scuole medie inferiori. Il tema da trattare in prosa o in poesia era la lettura. Mi ha confortato la profondità di pensiero di questi preadolescenti, la capacità di vedere in fondo alle cose in modo trasparente, come trasparente e fresca è la loro età. Riporto alcuni stralci dai componimenti che si sono classificati ai primi posti (anche se avrei voluto premiare tutti i partecipanti). “La lettura è memoria vivente, la lettura ci consola perché altri prima di noi hanno riflettuto, immaginato, creato” (Gregorio Mascolo); “La felicità non è la meta di arrivo, ma un modo di viaggiare. I libri mi aiutano a cercare questo modo di essere, racchiudono quegli ideali che non ci sono nella vita reale, e, che a volte, dubito che esistano, mi danno la certezza che io devo continuare a crederci. ” (Letizia Galli); “Leggere è un po’ come sognare, perché in fondo i libri sono sogni fatti di parole, parole prodigiose, perchè appena le pronunci, non per forza ad alta voce, creano una magia attorno” (Giulia Bernasconi); “E quando finisce l’ultima pagina/Dopo aver visto e imparato cose nuove/Capire qual è la magia/tra una parola e un’emozione. ” (Giorgio Mentasti); “Si sgomitola /sfuggente/ un labirinto di frasi che si susseguono/cullandoti/in profonde emozioni” (Carlotta Bagnasco); “Con la lettura/padrone del tempo divento/avanti e indietro io vado/ inganno il tempo/o forse m’inganno” (Gian Maria Tettamanti). Sono questi gli adolescenti superficiali, privi di idee, emozioni, valori, prigionieri dell’era virtuale?Personalmente sono sempre stata convinta che i nostri giovani siano una fonte inesauribile di energia positiva. Anche e soprattutto per coloro che quella energia stanno inesorabilmente perdendo. Posso dire che in nessuno di loro ho mai trovato motivo per giustificare la desolazione e la sfiducia con cui vengono ritratti. Anzi. Pensando anche ai “più grandi”, liceali o universitari, penso a tanti giovani comaschi, figli di amici e amici dei miei figli, che si organizzano in gruppo per viaggiare, e dato che il loro portafoglio non è generalmente molto fornito, cercano di limitare i costi adattandosi anche a sistemazioni spartane, l’importante è vedere il mondo. Visitano mostre d’arte, vanno insieme a teatro, ai concerti e alcuni di loro, oltre al proprio corso di studi, frequentano il Conservatorio per perfezionare lo studio di uno strumento musicale. Alcuni lavorano durante le vacanze estive per guadagnare quel tanto che permette loro di togliersi qualche sfizio, altri si dedicano al volontariato. Sono impegnati in club di servizio e associazioni ( cito, perché ne ho avuto esperienza diretta, il Rotaract e l’Agesci, ma potrei elencarne tanti altri). O addirittura, a vent’anni fanno scelte di vita non certo facili, come Filippo Celuzza, appena tornato da Tel Aviv per una breve visita ai suoi ex compagni del Liceo Giovio. La madre è inglese di origine ebraica, il padre italiano. Ha sentito il bisogno di andare alle radici della sua esistenza andando a vivere in Israele. Prima in un kibbuz, poi dedicandosi anima e corpo alla passione della sua vita, il canto lirico. Si mantiene in parte da solo facendo lavori occasionali: lavapiatti, giardiniere, commesso in una farmacia, maschera in un teatro. Studia e lavora sodo. E mi ha confessato che non tornerebbe indietro, che è convinto della scelta operata. Potrei riportare molti esempi come questo. Mi arrabbio quando sento le solite litanie di tanti adulti, insegnanti, genitori, eccetera. Si lamentano dell’abbassamento del livello culturale, della superficialità, della scarsa volontà ad impegnarsi dei giovani, e via dicendo. Che noia, sempre gli stessi luoghi comuni. Non è vero che stanno insieme solo per andare in discoteca, bere e perdere tempo. Altro che ragazze impegnate solo a mostrare i propri attributi femminili per tentare di raggiungere un successo tanto effimero quanto superficiale, altro che giovani dediti solo a stordirsi e distruggersi con la musica delle discoteche, l’alcol e le droghe. E non tentiamo di affibbiargli inutili sigle per dare alle loro generazioni definizioni approssimative, com’è avvenuto per la generazione X, Y, Q (siamo già arrivati alla Z? Mi sfugge). Il catastrofico mondo giovanile che i media ritraggono a tinte fosche e molti sociologi descrivono con accenti apocalittici riguarda una minima parte dei giovani d’oggi. Vengono sottolineati per la maggior parte gli aspetti negativi delle nuove generazioni, come la rissa scoppiata l’altro giorno davanti a un noto locale della nostra città. I multiformi aspetti del male, chissà perché, sembrano interessare sempre più delle limpide manifestazioni del bene. Io penso invece che la nostra città, almeno da questo punto di vista, rappresenti un microcosmo virtuoso.