Incontrare Giampiero Neri ( pseudonimo di Giampiero Pontiggia) che sarà presente questa sera alle 21 a La Casa della Poesia di Como, in via Rovelli 4, presso la sede del quotidiano L’Ordine, rappresenta per noi comaschi un evento doppiamente importante. Anzitutto perché Neri è uno dei poeti contemporanei più significativi, in particolare in area lombarda. E poi perché il suo passato è inscindibilmente legato al nostro territorio. Il poeta è infatti nato a Erba nel 1927 e vi ha trascorso l’infanzia e gran parte dell’adolescenza. È inoltre fratello di Giuseppe Pontiggia, nato a Como e autore di romanzi di notevole fattura narrativa (con “La Grande Sera” vinse nel 1989 il Premio Strega). Tratto da L’ORDINE del 19/05/2011.
Il padre del poeta, Ugo Pontiggia, fu ucciso nel novembre del 1943 da due partigiani nei giorni drammatici e confusi che seguirono all’armistizio tra Badoglio e gli Alleati ; durante il regime fascista aveva ricoperto incarichi pubblici, commissario prefettizio prima a Erba poi a Bosisio Parini e forse questo fu il movente dell’assassinio, come si legge anche in un breve saggio di Pietro Berra raccolto nel volume “ Atti del Convegno su Giampiero Neri” ( Ed. LietoColle Editore, 2007). Dopo la morte del padre la famiglia Pontiggia lasciòErba, ma nelle poesie di Neri e in particolare nell’ultima raccolta “Paesaggi Inospiti” (Mondadori, 2009), tornano luoghi e personaggi legati al nostro territorio: la cucina della casa di via Mainoni 5 a Erba, dove il poeta abitava, la terrazza della casa che, dopo tanti anni, ritrova “manomessa /da una costruzione posticcia/ che ne alterava la figura”, la “grande vetrina della posteria” che si affacciava sulla stessa via che quindi “odorava di biscotti appena sfornati”, la piazza della chiesa, il cortile della scuola, la fontana stile novecento, il monumento ai caduti del Terragni, la pasticceria di Como dove l’attrice adolescente andava con un’amica, l’anziano assicuratore che aveva nell’ufficio una gabbia con una civetta, il fumatore di tabacco nero, il vecchi bevitore, “reduce di guerre perse”, l’amico Nene, emigrato con la famiglia in Argentina. Tanti altri ricordi, anche di personaggi illustri che hanno segnato profondamente la cultura del Novecento, come Mario Sironi, Roberto Rossellini e Giuseppe Terragni, amico di famiglia dei Pontiggia e spesso loro ospite. Poi il dramma della guerra, che emerge da alcune poesie, come questa: “Era da poco incominciata la guerra/la Scuola onorava il primo caduto. /Agli studenti in fila per due/sembrava una festa patriottica, /ma erano stai accolti male/da un vociare confuso, /una donna gridava”. Con Como e il suo hinterland il poeta ha dunque un rapporto che lega la memoria personale a tragici eventi storici. La storia è infatti uno degli ambiti d’indagine della poesia di Neri, lontana da qualsiasi tentazione lirica e intesa invece come compito informativo e didattico. La storia è “magistra belli” piuttosto che “magistra vitae”: il male è indissolubilmente legato alla natura umana, non resta che prenderne atto, cercando tuttavia di impegnarsi, lottare perchè il bene riesca ad aprire uno spiraglio nel buio. L’atro motivo dominante della sua poesia è la natura. Il poeta ha coltivato per interesse personale lo studio delle scienze naturali, dato che dovette interrompere gli studi universitari e andare a lavorare in banca per le difficoltà economiche incontrate dalla famiglia dopo l’uccisione di Ugo Pontiggia. Il regno vegetale e soprattutto quello animale sono soggetti privilegiati di molti suoi versi, sin dalle sue prime raccolte. La legge naturale impone che per necessità di sopravvivenza il più forte elimini il più debole: “Aveva preso forma di serpentello /il gambo che si era staccato /dal fondo delle erbe acquatiche, / aveva in bocca un pesciolino/ che sembrava stupito, / si allontanava dondolando/ nell’acqua verde. ” Il mimetismo adottato soprattutto da certe specie animali è un modo per difendersi ma anche per aggredire. Nella poesia di Neri spesso torna il motivo del mimetismo per sottolineare il parallelismo esistente tra natura e storia: gli animali si mimetizzano per necessità di sopravvivenza, l’uomo adotta piuttosto forme di mascheramento per sopraffare i suoi simili e dunque violenza, competizione e inganno sono insite nella natura umana e presenti in ogni epoca. “Homo homini lupus”: nel poeta è ben presente il pensiero di Thomas Hobbes, che nella massima di Plauto ha espresso concettualmente la condizione dell’uomo allo stato di natura. Il linguaggio poetico di Neri ha il dono della rarefazione e della nitidezza. Per questo un altro poeta di area ticinese, Fabio Pusterla, ha paragonato l’essenzialità del segno, la parola, di Neri con la divina proporzione, la perfetta simmetria che regge l’architettura del Terragni. E per le atmosfere sospese a volte quasi surreali le sue poesie sono state paragonate da Victoria Surliuga a certi quadri di De Chirico e di Hopper. I suoi versi, dove frequenti sono parole semplici, di uso comune, assumono significati profondi, spesso enigmatici sotto il velo apparente dell’immediatezza dell’immagine. E ogni ricordo è immagine, frammento o meglio fotogramma di una storia che non è personale, ma è quella di una generazione e non solo: è quella del genere umano. Compito della poesia è dunque testimoniare il passato, tenendo ben presente che, come scrive il poeta stesso ne “La serie dei fatti” (Ed. LietoColle, 2005), “la Natura agisce ma non giudica e inoltre il suo agire non esce da uno schema ciclico sempre uguale(…)mentre la Storia dell’uomo avrebbe in sé un destino che la mente suppone, anche se non riesce a predire”.