La poesia oggi più che in passato è un genere riservato ad una élite di lettori (secondo gli ottimisti). È la Cenerentola dei generi letterari (secondo i pessimisti). In realtà, anche se il numero di coloro che la amano e la leggono è senza dubbio diminuito rispetto al passato, la poesia è sempre stato un genere “di nicchia”. Di questo e di altri problemi riguardanti in generale la situazione della letteratura italiana contemporanea parlerà il poeta e critico letterario Mario Santagostini giovedì 1 settembre a Villa Olmo, inaugurando le serate dedicate alla poesia di Parolario 2011. Tratto da L’ORDINE del 1/09/2011.
Snobbata dai media, non considerata dalle grandi case editrici perché non redditizia, sembra apparire una sorta di “genere alieno” nell’era di Internet, dove è in atto di vera e propria rivoluzione epocale che sta cambiando il mondo dal punto di vista antropologico e culturale. Oggi si richiede una comunicazione il più possibile aderente alla realtà, meglio se per immagini, così immediate e veloci da permetterci di non dover “sprecare” troppo tempo a pensare per andare a fondo delle cose. Il tempo, del resto, sembra fuggire sempre più rapido per tutti. Ci si deve adeguare. è ovvio che anche la letteratura risenta di questa situazione, in particolare la narrativa, alla quale si richiede un linguaggio estremamente semplificato, vicino al parlato. In un articolo apparso sul Corriere della Sera nel mese di luglio Paolo Di Stefano, riportando il giudizio espresso da Daniele Giglioli nel suo ultimo libro (Senza Trauma, Quodlibet), ha scritto che “la geometria piana, bidimensionale della narrativa non letteraria sfornata dall’industria del cinismo è lo specchio più fedele del nostro tempo senza curiosità, senza coraggio, senza sfide”. La poesia ha invece, per riprendere il paragone con la matematica, una dimensione tridimensionale: il suo tratto distintivo sta proprio nell’altezza, profondità, verticalità, spinta a cercare il senso delle cose. E in particolare rifugge da ogni pretesa di comunicare tutto subito, di poter fruire del libro come un bene di consumo che proprio in questa definizione si esaurisce, mostrando la propria desolante banalità. Un oggetto da “consumare”, possibilmente il più rapidamente possibile, e da gettare, appunto. L’opera letteraria invece, come scrive Tzvetan Todorov nel saggio “La letteratura in pericolo”, “produce un turbamento dei sensi, mette in moto il nostro apparato d’interpretazione simbolica, risveglia le nostre capacità di associazione e provoca un movimento le cui onde d’urto proseguono a lungo dopo l’impatto iniziale”. è quello che fa la poesia. E non è un caso che molti giovani poeti oggi abbiano creatività e capacità espressive maggiori rispetto ai loro coetanei narratori, come ha osservato il poeta ticinese Fabio Pusterla. La poesia, paradossalmente, trova nel suo essere poco considerata dal mercato editoriale la sua linfa vitale: libertà di espressione, sperimentazione, ricerca, senza dover sottostare alle logiche castranti imposte alla narrativa cosiddetta “di consumo”. Se la poesia non è conosciuta da gran parte dei lettori, in particolare la poesia contemporanea, la colpa è forse anche della scuola. All’ultimo anno delle scuole superiori si arriva a mala pena a trattare l’ermetismo, limitando le letture delle poesie degli autori all’antologia in dotazione per l’anno scolastico. E spesso gli insegnanti stessi non conoscono i poeti contemporanei o li conoscono superficialmente, di conseguenza sono pochi oggi i giovani studenti che possono avere un approccio coinvolgente con la poesia tale che trasmetta loro entusiasmo, passione, piacere, consolazione. Questo puòavvenire solo con la lettura dei testi dei poeti. Incontrare i poeti leggendo i loro versi ci aiuta a includere nella nostra coscienza nuovi modi di essere, arricchisce il nostro universo. Incontrare un grande poeta, qual è Mario Santagostini, che sin dalle sue prime raccolte ha dimostrato “lucidità razionale e ansiosa tenerezza”, come ha scritto Maurizio Cucchi nel volume di saggi critici “Cronache di poesia del Novecento” (Gaffi, 2010) sarà dunque un’esperienza che ci aiuterà ad allargare il nostro orizzonte. Avremo il piacere di ascoltare in anteprima la lettura di alcuni suoi versi di prossima pubblicazione, poesie che, con eleganza stilistica, controllo formale e intellettuale, ci regalano immagini nitide, luminose e rarefatte, frammenti di vita sospesi in una dimensione atemporale, solitudine e silenzio, simili ai quadri di Edward Hopper (non a caso pittore amato da Santagostini). Versi dove la materia, sostanza di tutti gli esseri viventi come di tutto ciòche è inanimato, è soggetta nel tempo a disgregarsi. Gli animali e in particolare gli oggetti, le cose al pari degli uomini, sembrano essere dolorosamente consapevoli di ciòe dunque il limite tra naturale e artificiale appare indistinto e sfumato. Poesie nelle quali grande realismo appare unito a grande irrealtà che, come scriveva Nietzsche, sono elementi da cui nasce l’arte.