Una ricognizione sul corpo della Recherche attraverso una serie di massime folgoranti
“Breviario:1) libro contenente l’ufficio divino che gli ecclesiastici dovevano recitare a varie ore del giorno; (fig.) 2) Opera, autore a cui si ricorre spesso; 3) compendio, sommario, antologia, usato specialmente nei titoli di opere letterarie”. Delle tre definizioni, riportate sullo Zingarelli, storico Vocabolario della Lingua Italiana, mi sembra che il Breviario Proustiano di Patrizia Valduga, poetessa, traduttrice di classici dal francese e dall’inglese, giornalista e critica letteraria, rispecchi soprattutto le prime due. L’autrice presenterà questo suo nuovo libro mercoledì 26 ottobre alle ore 21 a La Casa della Poesia di Como, in via Rovelli 4, presso la sede del quotidiano L’Ordine. Patrizia Valduga ha estratto con un lavoro certosino, anzi,“chirurgico”, come lei stessa afferma, aforismi, massime, sentenze dalle oltre tremilasettecento pagine che compongono A la recherche du temps perdu, il romanzo-cattedrale di Marcel Proust che nasce dal “desiderio e dalla ricerca del Tutto”. Un libro, come afferma Piero Citati nell’illuminate saggio La colomba pugnalata, che “cerca di raccogliere in sé tutta la tradizione della letteratura, come aveva fatto Goethe nel Faust: da Omero alla Bibbia a Sofocle a Virgilio a Ovidio a Dante alle Mille e una notte a Racine a Saint-Simon a Balzac a Nerval a Baudelaire a Dostoevskij a Tolstoj”. Il Breviario, in cui si coniugano perfettamente grande serietà intellettuale e passione mi pare sia anche un atto d’amore dell’autrice, un dono in memoria di Giovanni Raboni, grande poeta, scrittore, critico letterario suo compagno per oltre vent’anni, che tradusse all’inizio degli anni ‘80 tutta la Recherche per la collana Meridiani di Mondadori. Patrizia Valduga ci offre un libro di rara intensità, da “consultare” quotidianamente, nei momenti di tristezza, di incertezza, di rabbia, di dolore, di gioia per scoprire tra le numerose voci che l’autrice ha elencato in rigoroso ordine alfabetico, proprio quel sentimento, quella emozione o sensazione, quell’idea e provare una felicità confortante leggendo nelle parole ciòche dentro di noi avvertiamo, perché “il libro ci munisce del mezzo per leggere in noi stessi”. Massime e sentenze che sono norme di vita, precetti morali, una “quantità di pensiero” e delle “verità” raccolti appunto in un breviario e dunque un libro permeato anche da sottile religiosità. Ampio spazio è dato in particolare a quei sentimenti che Proust ha analizzato e penetrato in maniera profonda: l’amore , considerato in ognuna delle sue molteplici e sfuggenti sfaccettature, la gelosia, “male sacro” indissolubilmente legato all’amore, il desiderio che “costituisce per ogni creatura la suprema dolcezza del vivere”, il dolore, mezzo per penetrare nel cuore degli altri, le varie forme della felicità, tra cui quella procurata dalla memoria involontaria. I vizi e le virtù, legate ad ogni nostra azione, l’abitudine, che ci condanna a vivere meno intensamente, l’umiltà, il pudore, la discrezione, nessuno degli innumerevoli e cangianti aspetti dell’animo umano analizzati nell’opera proustiana sfugge all’acuta attenzione dell’autrice. E poiché la Recherche è anche un grandioso affresco della società francese tra la fine del XIX e i primi anni del XX secolo, Patrizia Valduga dedica diverse pagine del Breviario ai rapporti umani e sociali, lasciando trasparire l’intelligenza universale di Proust, lente d’ingrandimento con cui l’autore dilata e mette in evidenza passioni, vizi, devianze, frivolezza, superficialità, mondanità, mutevolezza , caratteristiche di classi sociali , l’aristocrazia e la borghesia francesi di un’epoca, che nell’opera letteraria diventano caratteristiche dell’animo umano, avulse da ogni periodo storico. Anche gli oggetti più comuni, come il telefono, diventano nella Recherche parte della vita, sembrano perdere semplicità, consistenza , diventano “parte della vita e trasparenti”, come scrisse Virginia Wolf. E Patrizia Valduga mette in rilievo nel suo Breviario anche questo universo di cose , di oggetti, “immersi nella luce dell’intelligenza” proustiana. Oggetti che, attraverso le percezioni sensoriali, grazie alle “intermittenze del cuore”, possono risvegliare in noi esperienze vissute in passato. Varie massime e sentenze vengono raccolte infatti sotto la voce “memoria involontaria”: l’unica, per Proust, a riunire il passato e il presente. L’essere umano così è posto in una dimensione atemporale, liberato dal tempo che divora la vita e dall’oblio. La vita rivissuta, che solo la memoria involontaria puòriaffermare diventa così materia stessa dell’arte: e alla concezione proustiana dell’arte, “verità suprema della vita”, Patrizia Valduga dedica nel suo libro pagine costellate da massime folgoranti. Chi non avesse letto A la recherche du temps perdu o l’avesse letta in modo parziale avrà modo , leggendo il Breviario Proustiano di avvicinarsi o riavvicinarsi ad una grande opera che, letta interamente , è, citando le parole di Giovanni Raboni “uno dei grandi avvenimenti dello spirito umano”. (Tratto da L’Ordine di domenica 23 /10/2011)