Per la quarta volta ho avuto il privilegio di partecipare al KC & KS International Literary Festival che si tiene a Suwon e Changwon, in Corea del Sud. È un festival di letteratura che si focalizza principalmente sulla poesia e al quale ogni anno sono invitati autori stranieri, con la volontà degli organizzatori, i poeti e professori emeriti Choi Dongho e Kim Kooseul, di creare feconde collaborazioni con Paesi di varie parti del mondo, tra cui anche l’Italia. Quest’anno la poeta Kim Kooseul ha vinto il Babel Prize for Literature assegnatole dall’Università di Dallas per la sua attività di divulgatrice di poesia.
Quest’anno la mia permanenza in Corea del Sud durante il Festival è stata resa ancora più significativa per me dall’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura alla scrittrice e poeta Han Kang, una voce originale e indistinguibile nel panorama della narrativa a livello mondiale. La sua immagine troneggiava ovunque nelle maggiori librerie di Seoul.
Ogni anno il Festival assegna un premio per la poesia nella città di Suwon, il Suwon KS International Poetry Prize, assegnato quest’anno al poeta ed editore Stefano Donno. Io ho avuto l’onore di vincere questo prestigioso premio nel 2020 e nel 2022. Il KC International Literary Prize, assegnato ogni anno a un poeta e scrittore di chiara fama è stato vinto dal turco Metin Turan. La premiazione avviene ogni anno all’Jnhae Sosa Vilage a Changwon, dove si trova il museo del grande poeta coreano Kim Dajin, che è stato monaco buddista e ha tradotto centinaia di poesie di antichi poeti cinesi in coreano, permettendo così di riscoprire un patrimonio letterario inestimabile. Libri, fotografie del poeta da bambino e da giovane, oggetti a lui appartenuti sono esposti in questo piccolo museo, un gioiello di cultura e di eleganza. Attorno al museo, un complesso di hanok, la tipica casa coreana, costruita essenzialmente con legno, pietra e con il tetto realizzato coni steli della pianta del riso. Alberi di cachi e ficus abbelliscono il giardino attorno alle hanok. I cachi in particolare sono piante utilizzate nei riti ancestrali, come rinfresco o usati nella pasticceria coreana insieme a altri ingredienti. Nel giardino si respira un’aura di misticismo e gli abitanti del villaggio preparano ogni anno un rinfresco per i poeti ospiti a base di piatti tipici coreani.
Il Festival offre ogni anno nuove opportunità di approfondimento della cultura coreana, sia facendo visitare agli ospiti il patrimonio architettonico dei luoghi ove si svolge, sia permettendo agli ospiti di entrare in contatto con manifestazioni culturali e religiose significative e meno conosciute forse dal visitatore occidentale.
Mi riferisco, per esempio, alla visita fatta a Changwon durante la scorsa edizione del Festival nel 2023, ad un laboratorio d’arte della smaltatura, dove ci siamo cimentati a creare piccoli quadretti composti da smalti variopinti; o la visita, nel2022, a Seoul, all’atelier del pittore coreano Joung Chang Ki , autore di quadri che riproducono delicati fiori e piante, ma anche paesaggi materici, in cui i contrasti dei colori e le forme sembrano invitare chi li guarda a “entrare” all’interno del dipinto. Spesso i quadri sono accompagnati da versi di poesie. Ho il privilegio di avere a casa un’opera di questo pittore che riproduce un ramo carico di fiori di ciliegio e, con versi in coreano di una mia poesia.
A Seoul la nostra instancabile guida, la poeta So Jesoung Soo, ci ha fatti salire sulla Seoul Tower ho potuto ammirare Seoul in tutta la sua grandezza.: dall’alto di questo edificio si apre in panorama mozzafiato della metropoli che conta dieci milioni di abitanti, un’oceano di grattacieli che si perdono a vista d’occhio. Il fiume Han divide in due grandi parti la città, dove vecchio e nuovo sembrano mescolarsi senza soluzione di continuità…
Quest’anno abbiamo avuto la possibilità di partecipare a Changwon ad una cerimonia sciamanica dove uno sciamano, chiamato in coreano paksu ha celebrato un rito propiziatorio per augurare abbondanza e ricchezza. Le offerte votive consistevano in ciotole di riso e altri cereali, e anche la testa di un maiale nella bocca del quale i presenti sono stati invitati a offrire un obolo. Qui apro una breve partentesi sulle religioni diffuse nella Corea del Sud. Quando il buddismo fu introdotto ufficialmente in Corea dalla Cina nel 372, ossia circa 800 anni dopo la morte del Buddha storico, la religione indigena era lo Sciamanesimo e i riti erano celebrati in particolare dalle donne, le sciamane chiamate mudang. Il buddismo non era considerato in conflitto con i tradizionali riti del culto della natura e in tal modo le due religioni poterono fondersi tra loro. La nuova religione costruì i suoi templi tra le montagne un tempo ritenute la sede degli spiriti, e al tempo stesso accolse alcune delle più importanti credenze dello Sciamanesimo coreano, in particolare il culto di tre spiriti: Sanshin (lo Spirito della Montagna), Toksong (il Recluso) e Chilsong (lo Spirito delle Sette Stelle, il Grande Carro). Ancora oggi, in molti templi appositi santuari sono riservati a queste divinità, specialmente allo Spirito della Montagna, protettore del suolo su cui sorge il tempio. Antiche pratiche sciamaniche e nuove dottrine permisero al buddismo coreano di essere accettato e addirittura sostenuto durante in periodo Goryeo, anche se con la dinastia Joseon venne duramente represso e soppiantato dall’ideologia confuciana. Tuttavia, dopo alterne vicende, dopo la seconda guerra mondiale la scuola Seon del buddismo si riaffermò. Oggi in Corea si sta diffondendo sempre di più anche la religione cristiana.
Molto interessante è stata anche a Suwon la visita alla scuola di Takewondo, diretta dal Maestro Kang Shin – Chul, un uomo alto e dall’aria ascetica, lunghi capelle e barba bianchi , che ci ha mostrato alcuni movimenti di questa antica arte marziale coreana. Poi si sono esibiti i piccoli allievi del maestro, bambini e bambine che hanno davvero incantato noi tutti per l’agilità e la coordinazione con cui si muovevano.
Grazie ai poeti Choi Dongho e Kim Kooseul e ai loro straordinari collaboratori, poeti a loro volta, come Son Jeoung Soon, ho avuto modo nel corso delle varie edizioni del Festival, di visitare alcuni dei palazzi più importanti della Corea del Sud: la Fortezza Hwaseong a Suwon, costruita fra il 1794 e il 1796 per ordine del re Jeongjo per onorare ed ospitare i resti del padre, il principe Sado, costretto a morire di sete e di fame dopo essere stato rinchiuso in una cassa di riso dal re Yeongjo.
A Seoul i palazzi reali più importanti sono stati costruiti durante la dinastia Joseon, che ha governato per cinque secoli il la Corea dal 1392 al 1897. Ho avuto l’opportunità di visitare il Palazzo Gyeongbokgung, il “Palazzo della Felicità splendente”, è il più grande e il più importante dei cinque grandi palazzi costruiti dalla Dinastia Joseon; padiglioni , laghetti dove si specchiano le fronde degli alberi, giardini che in autunno si accendono di colori vivaci del fogliame fanno di questo palazzo un’attrazione imperdibile per chi visiti la Corea del Sud. Purtroppo l’area in cui oggi si estende è molto inferiore rispetto a quella dove fu costruito, a causa delle incursioni giapponesi e in particolare durante l’occupazione della Corea da parte del Giappone tra il 1910 e 1945. Ho assistito alla cerimonia del cambio della guardia, una sfilata di soldati con vesti colorate e bandiere che sventolano che fa rivivere durante il suo svolgimento gli antichi splendori del palazzo. Vicino al Palazzo si trova il villaggio Bukchon, che conserva le caratteristiche hanok, le case di legno e pietra con il tetto di paglia di riso. E’ molto suggestivo camminare tra le strette strade dove si affacciano le hanok: un tuffo nel passato di Seoul.
Il palazzo di Changdeokgung , il “Palazzo della Virtù illuminata”, fu costruito nel 1405. Anch’esso ha subito la distruzione di dei padiglioni da parte dei giapponesi nel 1592. Fu restaurato nel 1610, ma subì un incendio nel 1917 che distrusse il Palazzo Daejojeon, residenza della regina. Nonostante le distruzioni avvenute in passato, il complesso dei padiglioni del Palazzo Changdeokgung sono ben preservati, e rappresentano molto bene l’architettura coreana. La disposizione dei padiglioni, a differenza del Palazzo Gyeongbokgung dove i principali edifici sono disposti secondo l’asse dei meridiani, segue la topologia del terreno, con una bellezza asimmetrica che è unica in Corea. Anche qui ho potuto assistere ad una suggestiva coreografia di danze guerriere coreane. Il Palazzo, con i suoi incantevoli giardini, è stato dichiarato patrimonio dell’UNESCO. Questi edifici, e altri di minore grandezza, ma sempre molto interessanti da visitare, si compongono di vari padiglioni dalle architetture suggestive, di una “imponente leggerezza” e sono testimonianza di un passato che ancora è vivo nel cuore dei coreani, grazie anche alle magnifiche coreografie che vengono rappresentate con i costumi dell’epoca. Nonostante siano stati in parte ricostruiti dopo la distruzione di vari padiglioni durante le incursioni giapponesi del XVII secolo e alla metà degli anni 40 del Novecento, sono stati riportati al loro antico splendore.
A Seoul ho visitato il Jogyesa Temple, il tempio buddista Zen più importante della città, costruito alla fine del XIV secolo, agli albori della dinastia Joseon. All’interno si trovano tre imponenti statue dorate del budda Bodhisavatta e i nel giardino che circonda il tempio si alternano aiuole fiorite e cespugli e alberi secolari al cui tronco, come sui cespugli, sono appesi biglietti votivi. La poeta Son Jeoung Soon guida instacabie e speciale in questa visita, ci dice che molti di questi voti vengono fatti dagli studenti per poter superare le prove d’accesso alle più prestigiose università di Seoul.
Un’esperienza unica che ho vissuto durante l’edizione 2022 del Festival è stata la visita al tempio di Beopryunsa che si trova a est del monte Munsusan (403,2 m), nella parte sud-orientale di Yongin, Gyeonggi-do. I poeti Choi Dongho e Kim Kooseul hanno permesso a me e al poeta Stefano Donno di visitare questo luogo in cui tutto è pervaso da un’aria mistica e di intensa spiritualità. Il tempio è stato concepito per la prima volta nel 1996, quando Seon Sangryun monaca del buddismo coreano moderno sognò il Gwanseeum-bosal (il Bodhisattva della Compassione). Dieci anni dopo, nel 2005, fu inaugurato il Tempio di Beopryunsa. Nel 2008, il Tempio di Beopryunsa ha iniziato a portare avanti un programma di accoglienza per chi voglia soggiornare per brevi o lunghi periodi nel complesso dei padiglioni che si trovano accanto al tempio principale. Oggi nel monastero vivono monache buddiste che seguono gli insegnamenti della loro maestra, Seon Sagryun. Siamo stati accolti con grande ospitalità, ci è staso offerto tè e i dasik, dolci caratteristici della pasticceria coreana e ci è stato donato un oggetto di ceramica dove è possibile bruciare incenso. In questa verde osai di pace si può soggiornare da alcuni giorni fino a mesi alla ricerca di una spiritualità che solo in luoghi sacri come queto si può ritrovare.
Ma i momenti più importanti sono stati per me quelli delle edizioni del 2019 e di quest’anno, perché ho avuto l’opportunità di tenere due lezioni presso due prestigiose università della Corea del Sud: l’Università di Hypsung e l’alla Korea University di Seoul. Quest’anno in particolare gli studenti che seguono un seminario di Poesia, mi i hanno detto che in Corea nelle Università si tengono regolarmente corsi di questo genere letterario nell’ambito dei Dipartimenti di Lingua e Letteratura Coreane. Sarebbe così importante che si potesse fare lo stesso in Italia!
E poi non posso non accennare almeno alla cucina coreana, che come la Hallyu, cioè la “Korean wave” che riguarda il cinema, i drama, la musica, sta sempre di più conquistando il palato degli occidentali con piatti tradizionali come il Bibimbap, il Bulgogi, il Gimbap, il Jajangmyeon e il Kimchi….
Insomma avrete capito che SEOUL IS MY SOUL!