Ecco la nota critica di Vincenzo Guarracino, poeta e critico letterario, e le poesie nell’antologia.
LAURA GARAVAGLIA
È un “gradino verso l’infinito”, verso l’“Assoluto”, il numero, un’esperienza dello spirito, trascendente (“scala verso il cielo”), che nella sua forma più completa attiene alla mistica, a Dio, l’“Assolutamente Infinito”, oltre ogni arida aritmetica del continuo. È questo che riteneva il matematico Georg Cantor (San Pietroburgo, 1845 – Halle, 1918), padre della teoria degli insiemi, ed è in questa linea che si colloca Laura Garavaglia – autrice di importanti raccolte poetiche (per tutte, Numeri e Stelle, 2015) e infaticabile organizzatrice e promotrice
culturale – che nel suo testo, esatto e concentrato nella sua levigata lucentezza, ne auspica il riconoscimento come grandezza, oltre il contingente e la “mediocrità”, incurante di ogni indeterminazione e potenzialità. Il secondo testo mette in scena uno sguardo incantato e al tempo stesso indagatore a un paesaggio sorpreso in un attimo d’eterno, in un momento di miracolosa quiete, con l’io “fermo” e in attesa del suo “infinito assoluto”, del suo naufragio oltre l’arida aritmetica del continuo e del presente.
L’infinito assoluto
(Georg Cantor)
La diagonale era scala verso il cielo
e la mente saliva,
ogni numero un passo,
un gradino verso l’infinito.
Ma oltre la potenza del continuo
lo spirito cercava l’Assoluto.
Fuori dal centro, oltre la mediocrità
nella prigione bianca della mente,
il destino segnato
da chi non ha capito.
Paese di lago
Bella di una bellezza antica
la strada di ciottoli lucidi di pioggia.
Freme la superficie del lago.
Un fremito continuo, se lo guardi
si allarga all’altra sponda.
Il cielo teso di velluto nero.
La luce dei lampioni si scioglie
sulle pareti grigie delle case.
Una finestra a bifore mi guarda
con malizia dal riflesso dei vetri.
È tutto fermo sotto quest’arco di pietre e muschio.
E anch’io son ferma. E aspetto.
E non so cosa.